La diffusione dei modelli generativi e in particolare di ChatGPT ha dato una nuova spinta all'innovazione, anche se ha scatenato un'ondata di panico non indifferente portando molti a pensare che l'IA potrebbe sostituire gli esseri umani nelle loro attività.
In un recente report, Sortlist ha coinvolto 500 tra dipendenti e datori di lavoro per comprendere qual è davvero il loro punto di vista sul ruolo di ChatGPT nel mondo del lavoro e se il chatbot è visto come un'opportunità o una minaccia.
Il tech è il settore più consapevole
I risultati raccontano che la preoccupazione maggiore si respira nel settore tech: il 23% dei dipendenti ha paura di perdere il proprio posto di lavoro a causa di ChatGPT, e per tutta risposta il 26% dei datori di lavoro stanno pensando di ridurre il personale in favore dell'IA.
Non stupisce, quindi, che più del 50% delle aziende tech e di software è disposto a pagare più di 500 euro al mese per accedere ai servizi professionali del chatbot e automatizzare gran parte delle attività.
A stupire, però, sono i dati relativi alle realtà del settore finanziario e dell'educazione: mentre la maggior parte dei dipendenti non si sentono in pericolo di essere sostituiti, molti datori di lavoro sono pronti a ridurre la percentuale umana per ridurre i costi e aumentare la produttività.
Secondo il sondaggio di Sortlist, il 70% dei manager di organizzazioni finanziarie ed educative è favorevole a introdurre ChatGPT e ridurre il numero di dipendenti.
Marketing: il dipartimento più in pericolo
Anche se non ne sono ancora del tutto consapevoli, i professionisti del marketing sono le figure più a rischio di tagli. Soltanto il 16% di essi crede che ChatGPT potrà rimpiazzarli, mentre più della metà dei manager è pronta a sostituire il reparto marketing con la potenza del chatbot.
Di fatto ChatGPT ha tutto il potenziale per occuparsi di marketing e copywriting: una volta che l'azienda lo ha addestrato a replicare il tono aziendale, il chatbot è in grado di produrre contenuti velocemente e a un costo minore.
I millennials hanno paura
Sono i millennials a essere i più preoccupati da ChatGPT, soprattutto quelli che lavorano nel settore IT e tech. Non sono tanto gli sviluppatori a temere l'IA, quanto gli impiegati dei reparti marketing e del servizio clienti.
In effetti molte delle attività del customer care sono state automatizzate, e il trend continuerà ad avanzare.
Al contrario, i ruoli appartenenti al mondo dell'analisi dati non sono particolarmente preoccupati dal chatbot: quando si tratta di eseguire analisi complesse, ChatGPT non è ancora maturo per occuparsene.
Il fattore produttività...
C'è una cosa su cui dipendenti e datori di lavoro concordano: ChatGPT permette di guadagnare in produttività. Secondo il 33% degli uni e degli altri, il chatbot può aumentare la produttività fino al 50% rispetto a quella umana.
Come ci raccontano i dati già analizzati, i manager sono convinti che sarà il marketing l'area che più di altre diventerà più produttiva grazie al chatbot, mentre i dipendenti sono convinti che è il mondo del coding quello che vedrà grandi miglioramenti.
In questo caso sono i professionisti più giovani, quelli della Gen Z, a credere nei maggiori aumenti di produttività. È curioso però il fatto che siano anche i meno spaventati dalla perdita di lavoro, al contrario dei millennials.
... e quello umano
Nonostante gran parte dei manager siano entusiasti di fronte alle potenzialità di ChatGPT, c'è anche molta paura di perdere i vantaggi del contatto umano; timore espresso in particolare per il reparto del supporto clienti, dove la perdita inciderebbe di più. Quasi il 40% dei partecipanti è preoccupato dall'assenza di tocco umano in processi nei quali servirebbe un supporto più stretto.
Per quanto riguarda la questione del watermark, ovvero indicare che un testo è stato scritto dall'IA, il 18% degli intervistati è preoccupato che gli utenti possano dubitare della credibilità dei risultati, perdere fiducia nell'azienda e scegliere un'alternativa più "umana".
Resta il fatto che l'82% dei partecipanti al sondaggio non è affatto intimorito dalla possibilità, e che ChatGPT possa svolgere le sue attività senza alcuna ripercussione sul rapporto azienda-cliente.
Il mondo del lavoro si sta preparando all'ingresso di ChatGPT: questo è quello che emerge dal sondaggio di Sortlist. Di fronte ai continui miglioramenti dei modelli generativi, i manager stanno mettendo gli occhi sul chatbot. L'obiettivo, è chiaro, è di risparmiare sui costi e offrire servizi sempre migliori ai clienti.
ChatGPT avrà davvero il successo che tutti si aspettano? Bisognerà aspettare la risposta di utenti e clienti: saranno loro a decidere se preferire l'IA o il tocco umano.