Opinioni Gli input vaghi e generici non sono da condannare
Marina Londei
4' 6''
28/08/2023

Usare prompt vaghi non è una pratica da condannare a priori: spesso sono gli input troppo specifici a limitare le capacità dell'IA.

Gli input vaghi e generici non sono da condannare

Quando si parla di intelligenza artificiale e in particolare di come usare correttamente i modelli, gran parte dell'attenzione viene posta sui prompt inseriti dall'utente e sulla necessità di renderli il più precisi possibile.

I moderni sistemi di IA sono strumenti molto potenti, ma senza l'input giusto possono produrre risultati incompleti o errati; per questo motivo, negli ultimi mesi è nata la disciplina del prompt engineering, pensata per sviluppare e ottimizzare gli input per i modelli linguistici al fine di ottenere risultati utili. 

Usare prompt vaghi viene visto, nella maggior parte dei casi, come qualcosa da evitare il più possibile proprio perché aumenta il rischio di ottenere degli output imprecisi e inutili ai fini delle attività degli utenti.

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intelligenza artificiale

Ma è davvero così? Secondo Lance Eliot, esperto di intelligenza artificiale, i prompt vaghi non sono da condannare a priori, e si possono rivelare molto utili in base al contesto.

Tutto dipende, spiega Eliot, da ciò che ci si aspetta ottenere dall'interazione coi modelli linguistici e da quanto preciso si desidera l'output, sia a livello di struttura che di contenuti.

Input precisi e imprecisi

L'uso di prompt più o meno vaghi determina i confini entro i quali si può muovere l'intelligenza artificiale nel fornire risposte.

Di norma input precisi producono risposte specifiche da parte dell'IA, ed è quello che un utente vuole, almeno nella maggior parte dei casi. Se i prompt sono confusi o troppo generici, ciò che si avrà in output sarà una risposta generica a sua volta o, in alcuni casi, anche sbagliata.

Nonostante l'utilizzo di input specifici sia considerata una buona pratica, anche per limitare la generazione di contenuti potenzialmente dannosi, ci sono alcune situazioni in cui sarebbe più utile rimanere sul vago e valutare il risultato del chatbot prima di approfondire ulteriormente l'argomento.

Per spiegare l'idea, Eliot porta l'esempio di un utente che chiede al chatbot come si lava una macchina. Nel prompt si possono specificare diversi dettagli, per esempio chiedendo all'IA di spiegare il procedimento usando una lista di cinque step. Ma se nell'elencare i passaggi il chatbot ne avesse omessi altri per rispettare il vincolo numerico?

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Se l'utente non avesse specificato di elencare cinque step forse l'intelligenza artificiale ne avrebbe prodotti di più e magari più utili. In questo caso il rimanere vaghi nell'input si sarebbe tradotto in maggiori informazioni, più dettagliate, su come lavare un'auto. 

Questo ragionamento può essere applicato a qualsiasi altro input: se si stanno cercando informazioni generiche o quanta più conoscenza su un argomento, usare un input vago può rivelarsi molto più efficace di uno specifico. 

Nell'esempio del lavaggio dell'auto, l'utente potrebbe decidere di sciogliere l'IA dal vincolo dei cinque step e chiedere una risposta più generica per valutare l'importanza di eventuali passaggi omessi. 

Quando si utilizza l'IA per la stesura di una prima bozza di un testo, la vaghezza può essere utile per ottenere spunti di approfondimento che non erano stati presi in considerazione; ogni spunto può essere poi ampliato col supporto del chatbot, scavando in profondità con input sempre più specifici e vincoli stringenti.

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Vaghezza nei prompt: sì o no?

Usare prompt vaghi non è sempre sbagliato, anzi: a volte è l'opzione migliore per approcciarsi a un problema ed evitare di limitare la risposta. La conoscenza poi può sempre essere confinata su un aspetto e una struttura specifici in base alle necessità. 

La vaghezza è utile anche quando si vuole generare un chain-of-thought, ovvero una serie di passaggi per spiegare un argomento complesso che può essere in seguito approfondito in alcune sue parti. In alcuni casi rimanere vaghi è utile anche per liberare l'IA da uno schema di ragionamento troppo stringente in cui si era impigliata a causa di indicazioni specifiche.

Non esiste un'opzione migliore tra l'usare prompt specifici o generici: la scelta dipende esclusivamente dal contesto e dal tipo di risposta che si vuole ottenere.

È sempre possibile partire dalla risposta del chatbot e approfondire aspetti dell'argomento in questione, aggiustando la specificità dell'input in base al risultato che si vuole ottenere; analogamente, si può cominciare con un input molto specifico e poi portare l'IA a generare una risposta più generica per esplorare altri aspetti dell'argomento e valutare quali approfondire in seguito.

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chatgpt prompt

Come sottolinea Eliot, la specificità dei prompt è comunque essenziale quando ci si approccia per la prima volta al mondo dei chatbot e quando si stanno ancora esplorando le loro capacità.

Utilizzare input vaghi presuppone una certa abilità nella comunicazione coi modelli linguistici e, seppur molto utili, questi prompt non sono semplici da utilizzare in modo efficiente. 

Il confine tra l'utilizzo della vaghezza in maniera involontaria e intenzionale è molto sottile ed è ciò che differenzia un abile prompt engineer da un semplice utente. 

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