Nel prossimo decennio, l'economia globale si prepara a una delle più grandi mobilitazioni di capitale della storia recente, paragonabile forse solo alla ricostruzione post-bellica o alla corsa allo spazio del secolo scorso. Mentre il mondo si digitalizza a ritmi serrati, l'intelligenza artificiale sta creando un'insaziabile fame di potenza di calcolo che potrebbe assorbire investimenti per quasi 7 trilioni di dollari entro il 2030. Una cifra che rappresenta non solo una trasformazione tecnologica, ma una vera e propria rivoluzione industriale che ridisegnerà gli equilibri economici e geopolitici mondiali, mettendo i data center al centro delle strategie nazionali di sviluppo.
La nuova corsa all'oro digitale
Secondo lo studio realizzato da McKinsey & Company, ci troviamo all'inizio di una fase espansiva senza precedenti, dove la domanda di potenza computazionale potrebbe triplicare nell'arco di soli sette anni. L'intelligenza artificiale non è più semplicemente una delle tante tecnologie emergenti, ma il motore principale di questa crescita, responsabile di circa il 70% dell'aumento previsto. In termini pratici, questo si traduce in un fabbisogno di investimenti colossale: 5,2 trilioni di dollari saranno destinati esclusivamente a data center ottimizzati per l'AI, mentre altri 1,5 trilioni andranno a potenziare le infrastrutture informatiche tradizionali.
Per comprendere la portata di questo fenomeno, basti pensare che la somma totale equivale al PIL annuale di economie come quella giapponese o tedesca. Una mobilitazione di risorse che non ha precedenti nel settore tecnologico e che sta già modificando le strategie industriali di governi e grandi corporation.
Chi costruisce il futuro dell'AI?
La complessa catena del valore che si sta sviluppando attorno all'infrastruttura dell'intelligenza artificiale coinvolge attori diversificati, ciascuno con un ruolo specifico. Il gruppo più visibile è quello dei produttori di tecnologia, giganti come Nvidia e Intel, che investiranno la fetta più consistente: oltre 3.100 miliardi di dollari per soddisfare l'insaziabile domanda di chip e hardware specializzato. Il loro contributo rappresenta la spina dorsale tecnologica di questa rivoluzione.
Ma l'hardware da solo non basta. Le aziende energetiche e i fornitori di sistemi di raffreddamento, che McKinsey definisce "energizers", contribuiranno con circa 1.300 miliardi, indispensabili per garantire l'alimentazione e la sostenibilità operativa dei nuovi data center. I "builders" – sviluppatori immobiliari e imprese di costruzione – investiranno invece 800 miliardi in terreni e infrastrutture fisiche.
A questi si aggiungono gli "operators", rappresentati dai colossi del cloud computing, e gli "AI architects", le aziende che sviluppano i modelli di intelligenza artificiale, il cui contributo finanziario risulta difficilmente quantificabile ma certamente determinante per indirizzare lo sviluppo del settore.
Tre sentieri possibili per il futuro
L'analisi di McKinsey non si limita a proiettare un unico scenario, ma delinea tre possibili traiettorie di sviluppo, ciascuna con implicazioni profondamente diverse. Lo scenario più espansivo prevede un'accelerazione vertiginosa, con 205 gigawatt di capacità computazionale aggiuntiva dedicata all'AI e investimenti che sfiorerebbero gli 8 trilioni di dollari. Questa proiezione si basa sull'ipotesi di un'adozione rapida e pervasiva dell'intelligenza artificiale in tutti i settori economici.
Lo scenario centrale, considerato il più probabile dagli analisti, prevede invece 125 gigawatt aggiuntivi e un investimento di 5,2 trilioni, mentre l'ipotesi più conservativa limita la crescita a 78 gigawatt e 3,7 trilioni di dollari. La differenza tra questi scenari non è solo quantitativa ma qualitativa, poiché determinerà quali paesi e quali aziende potranno effettivamente partecipare alla rivoluzione dell'AI e quali resteranno ai margini.
L'efficienza paradossale: quando migliorare fa crescere la domanda
Un elemento particolarmente interessante dell'analisi riguarda il cosiddetto "paradosso di Jevons", un principio economico che sembra trovare perfetta applicazione nel campo dell'intelligenza artificiale. Mentre i progressi tecnologici permettono di ridurre drasticamente i costi di addestramento e utilizzo dei modelli AI – come dimostrato dal DeepSeek V3, che ha abbattuto i costi di 18 volte per il training e di 36 volte per l'inferenza rispetto al GPT-4o – questa maggiore efficienza non si traduce necessariamente in un minor fabbisogno complessivo di risorse.
Al contrario, rendendo l'AI più accessibile ed economica, l'efficienza ne stimola un'adozione ancora più ampia, generando alla fine una domanda complessiva maggiore. Un meccanismo che abbiamo già osservato in altri settori tecnologici e che rischia di amplificare ulteriormente le proiezioni di crescita delineate dallo studio.
I colli di bottiglia della nuova economia
La costruzione di questa gigantesca infrastruttura non è priva di ostacoli. Le aziende si trovano ad affrontare significative criticità in termini di approvvigionamento energetico – un data center AI può consumare quanto una piccola città – e disponibilità di componenti avanzati. La carenza di semiconduttori rappresenta un limite concreto all'espansione, così come i tempi sempre più lunghi per la connessione alla rete elettrica, che in alcune aree degli Stati Uniti possono superare i cinque anni.
A complicare ulteriormente il quadro intervengono le tensioni geopolitiche, con le restrizioni all'esportazione di tecnologie critiche che stanno frammentando le catene di fornitura globali. In questo contesto, molti dirigenti aziendali mostrano comprensibile cautela: l'incertezza sui ritorni dell'investimento e i lunghi tempi di realizzazione delle infrastrutture rappresentano un freno significativo, specialmente per le organizzazioni di dimensioni medio-piccole.
Strategie per navigare la tempesta tecnologica
Come affrontare dunque questa transizione epocale? McKinsey suggerisce un approccio tripartito che combina analisi approfondita della domanda, innovazione nell'efficienza e costruzione di resilienza. Le aziende più lungimiranti stanno già monitorando attentamente l'evoluzione delle applicazioni AI e il loro impatto concreto sul business, per calibrare gli investimenti in modo preciso.
Parallelamente, l'attenzione si sta spostando verso tecnologie che ottimizzano l'uso delle risorse computazionali, riducendo consumi energetici e costi operativi. Infine, emerge come priorità strategica la costruzione di catene di approvvigionamento resilienti, capaci di garantire l'accesso a energia, componenti e competenze anche in scenari di crisi o interruzioni temporanee.
La partita che si sta giocando non riguarda semplicemente l'espansione di capacità tecnologica, ma rappresenta una vera e propria competizione per il controllo dell'economia digitale del futuro. In questo nuovo "Grande Gioco", chi saprà muoversi con tempestività e visione strategica potrebbe assicurarsi vantaggi competitivi duraturi, ridisegnando i confini del potere economico globale per i decenni a venire.