Tecnologia Manager scaricano i giovani per l'intelligenza artificiale
3' 35''
15/10/2025

L'AI-pocalisse funziona davvero? Risultati incerti, ma il 55% dei leader aziendali ritiene che adottare l'IA valga l'impatto sui lavoratori


L'entusiasmo per l'intelligenza artificiale sta trasformando il mondo del lavoro in modo più radicale di quanto molti immaginassero, ma con conseguenze che potrebbero rivelarsi controproducenti per le aziende stesse. Una ricerca condotta dal British Standards Institute su 800 dirigenti aziendali di otto paesi diversi rivela come l'adozione dell'AI stia creando un'intera generazione di giovani professionisti senza opportunità di carriera. Il paradosso emerge chiaramente: mentre il 95% delle imprese non registra alcun ritorno economico concreto dai propri investimenti in intelligenza artificiale, secondo uno studio del MIT, le aziende continuano imperterrite a sostituire i neo-laureati con algoritmi e software automatizzati.

La corsa cieca verso l'automazione

I numeri parlano chiaro e delineano un quadro preoccupante per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro. Il 39% dei dirigenti intervistati ha già ridotto le posizioni junior e entry-level a favore dell'intelligenza artificiale, mentre un ulteriore 43% prevede di continuare su questa strada nel prossimo anno. La metà degli intervistati ammette apertamente che l'AI rappresenta uno strumento per ridurre il personale, non per migliorare la produttività o l'innovazione.

Questa strategia sembra essere guidata più dalla paura di restare indietro rispetto alla concorrenza che da risultati tangibili. Come evidenziato da IBM in una ricerca parallela, il 75% dei CEO continua a cercare quei benefici dell'intelligenza artificiale che restano sfuggenti, adottando queste tecnologie principalmente per non apparire obsoleti agli occhi del mercato.

Una generazione sacrificata sull'altare del progresso

L'impatto di questa trasformazione non si limita ai numeri dell'occupazione giovanile, che già mostrano un tasso di disoccupazione del 9,2% nella fascia 20-24 anni negli Stati Uniti, più del doppio rispetto alla media generale del 4,3%. La vera preoccupazione riguarda le conseguenze a lungo termine per una generazione che ha già subito le disruzioni della pandemia durante gli anni formativi dell'istruzione e dello sviluppo personale.

Il British Standards Institute mette in guardia contro la creazione di una coorte di giovani professionisti frustrati e disillusi, privati dell'opportunità di affinare le proprie competenze e costruire una conoscenza approfondita dei settori industriali. Questa situazione rischia di alimentare tensioni sociali e generazionali che potrebbero avere ripercussioni ben oltre il mercato del lavoro.

Il 56% dei dirigenti si sente fortunato ad aver iniziato la carriera prima dell'arrivo dell'AI

Il cinismo dei leader aziendali

Particolarmente emblematica è la posizione dei dirigenti aziendali nei confronti di questa trasformazione. Il 56% degli intervistati si dichiara fortunato per aver iniziato la propria carriera prima dell'avvento dell'intelligenza artificiale, mentre il 43% ammette che probabilmente non avrebbe sviluppato le competenze attuali se gli strumenti di AI fossero stati disponibili ai loro esordi. Un atteggiamento che il BSI definisce come "tirare su la scala dietro di sé" per risparmiare sui costi del personale.

Nonostante questo cinismo, anche i vertici aziendali non si sentono completamente al sicuro: il 28% dei dirigenti prevede che i propri ruoli potrebbero scomparire entro il 2030. Una previsione che solleva interrogativi sulla sostenibilità di un modello che privilegia l'automazione delle posizioni meno retribuite ma mantiene intatti ruoli dirigenziali spesso sovrapagati.

L'illusione del risparmio a breve termine

L'analisi dei rapporti annuali di 123 aziende rivela una tendenza preoccupante: il termine "automazione" appare con una frequenza sette volte superiore rispetto a parole come "riqualificazione", "formazione" o "educazione". Questa sproporzione indica come le imprese stiano sottovalutando la necessità di investire nel capitale umano parallelamente all'avanzamento tecnologico.

La strategia di breve termine adottata dalla maggior parte delle aziende potrebbe rivelarsi un boomerang. Come sottolineato dal BSI, eliminare sistematicamente le posizioni entry-level significa privare le organizzazioni di un pipeline di talenti essenziale per il futuro. Chi raggiungerà posizioni senior domani potrebbe trovarsi senza l'esperienza pratica necessaria per guidare efficacemente le aziende, avendo saltato completamente la fase formativa iniziale.

Il futuro appartiene all'umanità

Paradossalmente, mentre le aziende si affrettano a sostituire i giovani lavoratori con l'intelligenza artificiale, la ricerca indica che le competenze più preziose del futuro saranno proprio quelle tipicamente umane: creatività, empatia e capacità di collaborazione. Qualità che non possono essere replicate dalle macchine e che si sviluppano attraverso l'esperienza lavorativa diretta e l'interazione umana, esattamente ciò che viene negato alle nuove generazioni.

Il British Standards Institute conclude la sua analisi con un monito che dovrebbe far riflettere i dirigenti aziendali: le imprese devono evolversi per coltivare questi punti di forza umani, insieme alla competenza tecnica. Solo così potranno evitare di trovarsi in difficoltà quando gli investimenti in AI non dovessero produrre i risultati sperati, senza più avere personale qualificato su cui contare.

Condividi questo contenuto