La Casa Bianca e diversi esponenti di spicco del Partito Repubblicano si trovano su fronti opposti in una battaglia che potrebbe definire il futuro dell'intelligenza artificiale negli Stati Uniti. Al centro della disputa c'è una questione di principio che divide conservatori tradizionalisti e sostenitori dell'innovazione tecnologica a ogni costo: chi deve avere il potere di regolamentare l'IA, gli stati o il governo federale? Donald Trump ha scelto la sua strada, firmando a dicembre un ordine esecutivo che mira a limitare drasticamente la capacità dei singoli stati di legiferare autonomamente sulla materia, scatenando una reazione che attraversa linee politiche consolidate.
Il pugno di ferro di Washington contro le iniziative statali
L'ordine esecutivo firmato da Trump non si limita a dichiarazioni di principio: prevede la creazione di una task force presso il Dipartimento di Giustizia con il compito specifico di citare in giudizio gli stati che approvano leggi ritenute "onerose" per l'industria dell'intelligenza artificiale. Come ulteriore strumento di pressione, l'amministrazione si riserva la possibilità di tagliare alcuni finanziamenti federali agli stati non allineati. La giustificazione ufficiale fa appello alla competizione globale: secondo Trump e i suoi sostenitori, costringere le aziende tecnologiche a conformarsi a cinquanta diversi sistemi normativi statali rallenterebbe l'America nella corsa all'IA contro la Cina.
David Sacks, venture capitalist nominato "zar" dell'intelligenza artificiale e delle criptovalute dall'amministrazione Trump, ha cercato di mitigare le preoccupazioni sostenendo che l'ordine non imporrà data center a comunità che non li desiderano. Tuttavia, questa posizione rappresenta solo l'ultimo capitolo di una battaglia iniziata mesi prima, quando tentativi simili di bloccare la regolamentazione statale sono stati inseriti nella legge di bilancio annuale della difesa e nel controverso "Big Beautiful Bill", fallendo entrambi proprio a causa dell'opposizione interna al GOP.
DeSantis e la difesa dell'autogoverno degli stati
Ron DeSantis, governatore della Florida e sfidante di Trump nelle primarie repubblicane del 2024, si è posizionato come uno dei critici più coerenti di questa politica federale. A novembre, mentre il Congresso valutava l'inserimento di una moratoria sulla regolamentazione dell'IA nella legge di difesa annuale, DeSantis ha definito l'iniziativa "un sussidio per le Big Tech" attraverso un messaggio su X. La sua argomentazione non lascia spazio a compromessi: l'ascesa dell'intelligenza artificiale rappresenta il cambiamento economico e culturale più significativo del momento, e negare ai cittadini la possibilità di incanalare queste tecnologie attraverso l'autogoverno costituisce un eccesso di potere federale.
Dopo la firma dell'ordine esecutivo, DeSantis ha mantenuto la sua posizione durante un evento sull'IA in Florida, dichiarandosi fiducioso che le leggi che intende promuovere nel suo stato non ricadranno sotto i divieti dell'amministrazione. "Anche interpretandolo in modo molto ampio, credo che ciò che stiamo facendo sarà coerente", ha affermato il governatore, aggiungendo però che, se Washington dovesse sfidare le leggi della Florida, si aspetta che lo stato prevalga in tribunale.
Le voci dissonanti dentro il partito
La rappresentante Marjorie Taylor Greene della Georgia ha iniziato a distanziarsi dal presidente proprio su questo tema durante l'estate scorsa. In un episodio che rivela le dinamiche caotiche del processo legislativo, Greene ha ammesso pubblicamente di aver votato a favore della versione iniziale del "Big Beautiful Bill" senza rendersi conto che contenesse disposizioni per bloccare la regolamentazione statale dell'IA per dieci anni. "Sono fermamente CONTRARIA a questo ed è una violazione dei diritti degli stati, e avrei votato NO se lo avessi saputo", ha scritto su X a giugno, mostrando una rara trasparenza sulla confusione che può regnare durante l'approvazione di leggi complesse.
A novembre, Greene ha ribadito la sua opposizione quando la disposizione è tornata in discussione per la legge di difesa, scrivendo che "gli stati devono mantenere il diritto di regolamentare e fare leggi sull'IA". Pochi giorni dopo, la congressista ha annunciato le sue dimissioni dal Congresso, previste per il 5 gennaio, dopo che Trump l'aveva definita una "traditrice", principalmente per la sua posizione sui documenti di Epstein.
Hawley e l'appello alla supervisione responsabile
Il senatore Josh Hawley del Missouri rappresenta una delle voci più critiche verso l'industria dell'IA all'interno del GOP al Senato. La sua posizione riflette una preoccupazione più ampia per la protezione delle libertà individuali di fronte all'avanzata tecnologica. "Penso che, come questione di federalismo, vorremmo che gli stati potessero sperimentare regimi diversi che ritengono funzionino per il loro stato", ha dichiarato Hawley a Business Insider a giugno, sottolineando la necessità di "una supervisione sensata che protegga le libertà delle persone".
Quando a novembre si è diffusa la notizia che la disposizione sull'IA non sarebbe più stata inclusa nella legge di difesa, Hawley ha celebrato pubblicamente: "Bene. Questa è una disposizione terribile e dovrebbe rimanere FUORI", ha scritto su X, consolidando la sua reputazione di oppositore irriducibile dei tentativi di centralizzazione normativa.
L'opposizione dei governatori: da Sanders a Cox
Sarah Huckabee Sanders, governatrice dell'Arkansas ed ex portavoce della Casa Bianca durante il primo mandato di Trump, ha guidato una coalizione di 17 governatori repubblicani nell'opposizione alla moratoria sull'IA contenuta nel "Big Beautiful Bill" di giugno. Quella versione era ancora più restrittiva dell'ordine esecutivo attuale, prevedendo un divieto quasi totale per gli stati di regolamentare l'intelligenza artificiale per un periodo di dieci anni.
Sanders ha espresso la sua posizione anche attraverso un editoriale sul Washington Post, dove ha scritto che "il fatto che il Congresso proponga di spogliare qualsiasi stato del diritto di regolamentare l'IA è l'antitesi di ciò che i nostri fondatori immaginavano quando stabilirono il nostro sistema federale". A novembre, con il ritorno della questione nel dibattito sul bilancio della difesa, Sanders ha rincarato la dose: "Ora non è il momento di fare marcia indietro. Eliminate il piano di preemption e proteggete i nostri bambini e le nostre comunità".
Spencer Cox, governatore dello Utah e firmatario della lettera di Sanders, ha mantenuto una posizione critica ma più sfumata. "Sono molto preoccupato per qualsiasi tipo di incursione federale nelle capacità degli stati di regolamentare l'IA", ha dichiarato a NPR a novembre. A dicembre, mentre Trump si preparava a firmare l'ordine esecutivo, Cox ha proposto una via mediana: "Un ordine esecutivo alternativo sull'IA focalizzato sulla prosperità umana stabilirebbe l'equilibrio di cui abbiamo bisogno: salvaguardare i nostri bambini, preservare i nostri valori e rafforzare la competitività americana", sostenendo che gli stati devono aiutare a proteggere bambini e famiglie mentre l'America accelera la sua leadership nell'intelligenza artificiale.
Questa frattura all'interno del Partito Repubblicano rivela tensioni profonde tra due visioni conservative: da un lato chi privilegia la competitività economica nazionale e il sostegno all'industria tecnologica, dall'altro chi difende i principi del federalismo e l'autonomia degli stati come pilastri costituzionali irrinunciabili. La battaglia sull'intelligenza artificiale potrebbe ridefinire equilibri politici consolidati e stabilire precedenti destinati a influenzare decenni di policy tecnologica.