Il dibattito sull'intelligenza artificiale non si arresta: da una parte c'è chi è a favore di questa tecnologia, mentre dall'altra c'è chi teme una rivoluzione troppo profonda del mercato, col rischio di perdere posti di lavoro.
Nonostante le discussioni, è indubbio che il mercato dell'IA stia crescendo in tutto il mondo, compresa l'Italia: come riporta Shalini Kurapati, CEO e co-fondatrice di Clearbox AI, nel nostro Paese ha raggiunto i 500 milioni di euro, con una crescita del 32% in un solo anno, stando ai dati dell'Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano.
Le imprese di ogni dimensione stanno cogliendo i benefici delle nuove tecnologie con l'89% dei leader IT che prevede che l'IA generativa svolgerà un ruolo cruciale per le aziende nel prossimo futuro.
La crescita però, sottolinea Kurapati, è molto eterogena: una parte delle imprese sta facendo largo uso dell'IA, mentre altre non hanno ancora cominciato la transizione per l'adozione delle nuove tecnologie.
I motivi di questa dicotomia, molto marcata anche in Italia, sono legati per la maggior parte alla mancanza di cultura del digitale e di conoscenze adeguate in ambito IA.
Se è vero che per molte realtà i costi sono proibitivi e rappresentano un ostacolo difficile da superare, è altrettanto vero che nella maggior parte dei casi c'è una scarsa cultura della gestione dei dati e soprattutto una mancanza diffusa di comprensione delle vere potenzialità dell'IA.
Le imprese fanno fatica a comprendere quali sono i benefici dell'IA generativa e per questo sono restie ad adottarla. Bisogna anche considerare che i rischi dell'IA spaventano le aziende, e molte di esse vedono questa tecnologia come un'innovazione al di fuori del controllo umano.
Superare il mito dell'IA
Il rilascio di ChatGPT e gli ultimi "scandali" riguardanti l'IA hanno fatto sì che si creasse un alone di mito attorno a questa tecnologia. Oggi l'intelligenza artificiale viene dipinta da molti come esageratamente pericolosa, incontrollata e capace di portare conseguenze disastrose.
La verità è che l'IA permea le nostre vite già da molti anni, ma non ha mai attirato l'attenzione dell'opinione pubblica come ora; ciò è un bene, perché il rinnovato interesse del mercato velocizzerà l'innovazione, ma c'è ancora molta confusione sul vero ruolo dell'IA per la società e l'industria.
Gli utilizzi dell'IA vanno ben oltre la creazione di contenuti come immagini e video. L'opinione pubblica è attratta da usi che fanno scalpore, come la generazione di fake news o deepfake, ma i veri benefici dell'IA si stanno già cogliendo in molti settori aziendali.
Per esempio, molte imprese stanno utilizzando l'IA per migliorare la business intelligence e analizzare i dati in maniera proattiva, anticipando le tendenze future per massimizzare le vendite.
In ambito cybersecurity, l'IA è utile per individuare le frodi e valutare il rischio in ambiti finanziari, per esempio per mutui e prestiti. I sistemi di IA consentono inoltre di automatizzare molti processi in cui l'errore umano è frequente, lasciando ai professionisti la possibilità di occuparsi di attività a più alto valore.
L'intelligenza artificiale sta dimostrando il suo potenziale anche nell'ambito delle vendite: i sistemi automatici velocizzano e migliorano l'assistenza ai clienti, fornendo agli operatori tutte le informazioni di cui hanno bisogno. L'IA consente anche di analizzare le preferenze dei clienti per proporre offerte ed esperienze d'acquisto personalizzate, in grado di fidelizzare i consumatori.
Gli usi più diffusi e importanti dell'intelligenza artificiale sono quelli che saltano meno all'occhio; per questo Kuparati definisce l'IA una "rivoluzione silenziosa" che sta migliorando la vita aziendale e dei privati.
Gestire i rischi dell'IA per coglierne i benefici
Anche se nell'immaginario comune l'impatto negativo dell'IA viene spesso esagerato, non si possono ignorare i rischi di questa tecnologia.
Tutti i sistemi di IA, in minore o in maggior misura, hanno la tendenza a perpetuare dei pregiudizi generando risultati con errori (i cosiddetti "bias"). Questo accade principalmente perché i set di dati utilizzati per il training hanno mancanze e imprecisioni, e in parte anche per errori negli algoritmi.
In entrambi i casi la responsabilità è di chi sviluppa questi modelli e di chi si occupa di raccogliere i dataset di addestramento. L'intelligenza artificiale non è altro che un insieme di dati e algoritmi, ricorda Kuparati, quindi non può che riflettere gli eventuali errori presenti in essi.
Per risolvere questo problema è indispensabile che sviluppatori, aziende e autorità regolatrici collaborino per definire e adottare misure che mitighino i bias dei modelli, garantendo rappresentazioni più eque, senza pregiudizi.
Fondamentale è anche la formazione degli utenti affinché siano consapevoli dei rischi derivanti da un uso sconsiderato dei sistemi di IA. Le risorse aziendali, così come gli utenti privati, devono essere formati sulle nuove tecnologie per essere in grado di sfruttarne i vantaggi riducendo al minimo gli errori.
Oltre alla formazione delle risorse già presenti, le imprese possono introdurre nuove figure professionali che abbiano competenze consolidate nel mondo dell'IA. Data scientist, data engineer e data labeler si occupano di effettuare la pulizia dei dati, garantendone la correttezza, mentre gli ingegneri di machine learning implementano i nuovi sistemi tenendo conto delle esigenze etiche di utilizzo.
Infine, è utile introdurre la figura dell'AI product owner che supervisioni lo sviluppo dei prodotti e la definizione dei dataset, coordinando i diversi team coinvolti.
Gestire i rischi e garantire l'eticità delle soluzione di IA è l'unico modo per favorire la diffusione delle nuove tecnologie e renderle sempre più efficienti.