Tecnologia Microsoft sotto accusa per Copilot ingannevole
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05/11/2025

Asia in sintesi: Cina ridimensiona obiettivi tech, Alibaba Cloud abbandona VMware, India richiede etichette per deepfake e altro ancora!

Microsoft sotto accusa per Copilot ingannevole

L'autorità australiana per la concorrenza e la tutela dei consumatori ha avviato un procedimento legale contro il colosso di Redmond, accusandolo di aver ingannato milioni di utenti riguardo alle modalità di rinnovo degli abbonamenti Microsoft 365. La controversia ruota attorno all'integrazione forzata di Copilot, l'assistente basato sull'intelligenza artificiale, nei piani Personal e Family. Secondo l'ACCC, Microsoft avrebbe deliberatamente nascosto ai clienti un'opzione fondamentale per risparmiare denaro e mantenere il servizio originale.

L'opzione segreta che Microsoft non voleva mostrare

Al centro della disputa c'è l'esistenza dei piani "Microsoft 365 Classic", un'alternativa che permetteva agli abbonati di conservare tutte le funzionalità del servizio senza l'integrazione di Copilot e mantenendo il prezzo precedente più basso. L'ACCC sostiene che Microsoft avrebbe comunicato agli utenti solo due possibilità: accettare l'aumento di prezzo con l'aggiunta di Copilot oppure cancellare completamente l'abbonamento. La terza opzione veniva rivelata soltanto dopo che i clienti iniziavano la procedura di cancellazione.

Gina Cass-Gottlieb, presidente dell'autorità australiana, ha dichiarato che l'azienda avrebbe omesso deliberatamente ogni riferimento ai piani Classic nelle comunicazioni ufficiali. L'obiettivo sarebbe stato aumentare il numero di consumatori costretti a sottoscrivere i piani più costosi con Copilot integrato, negando agli utenti la possibilità di fare scelte informate. Già a gennaio 2025, quando Microsoft annunciò l'aumento dei prezzi per includere Copilot, risultava impossibile trovare online dettagli sui piani Classic.

Microsoft avrebbe nascosto volutamente l'opzione più economica ai propri clienti

L'India rafforza i controlli sui contenuti generati dall'IA

In un contesto regolamentare in rapida evoluzione, il Ministero indiano dell'Elettronica e della Tecnologia dell'Informazione ha proposto nuove leggi che obbligano le piattaforme social e gli editori online a rilevare ed etichettare i contenuti creati dall'intelligenza artificiale. Le normative prevedono che ogni materiale sintetico debba includere un'etichetta con metadati unici permanenti, visibilmente mostrata o resa udibile in modo prominente.

I requisiti tecnici sono stringenti: per i contenuti visivi, l'identificatore deve coprire almeno il 10% della superficie visualizzata, mentre per l'audio deve essere presente durante il primo 10% della durata. Anche i creatori di contenuti dovranno identificare il materiale generato dall'IA al momento del caricamento. Il governo indiano giustifica queste misure con il timore che i deepfake possano essere utilizzati per diffondere disinformazione, danneggiare reputazioni, manipolare elezioni o commettere frodi finanziarie.

Copyright australiano e ambizioni tecnologiche cinesi

Sempre in Australia, il governo federale ha deciso di non creare eccezioni nella legislazione sul copyright che avrebbero permesso alle aziende di intelligenza artificiale di raccogliere liberamente contenuti per addestrare i propri modelli. La ministra della Giustizia Michelle Rowland ha sottolineato che i creatori australiani meritano protezione del diritto d'autore, segnando una chiara presa di posizione nel dibattito globale sull'utilizzo di materiali protetti per lo sviluppo dell'IA.

Nel frattempo, la Cina ha approvato il suo quindicesimo piano quinquennale, rinnovando l'impegno verso l'autosufficienza tecnologica digitale. Il documento, il cui testo completo sarà pubblicato l'anno prossimo, enfatizza il ruolo del settore privato nell'avanzamento tecnologico e promuove l'approccio "AI+", che prevede l'integrazione dell'intelligenza artificiale in numerosi settori industriali. L'obiettivo dichiarato è la transizione dal "Made in China" al "Created in China", sebbene alcuni analisti della società finanziaria ING abbiano notato che il nuovo piano non presenta contenuti particolarmente innovativi rispetto alle precedenti dichiarazioni di intenti.

Chiusure e addii nel settore tecnologico

La Nuova Zelanda ha assistito alla fine dell'Institute of IT Professionals, che ha votato per l'auto-liquidazione dopo che i membri hanno riconosciuto l'impossibilità di continuare le attività in modo redditizio. L'organizzazione aveva avvisato a ottobre di essere insolvente, rivelando successivamente di avere debiti che apparivano sostenibili sulla carta ma che in realtà non venivano pagati e diventavano irrecuperabili. La perdita del contratto per certificare le competenze dei professionisti IT ha rappresentato il colpo finale, privando l'ente di una fonte di reddito fondamentale.

Anche Alibaba Cloud ha silenziosamente interrotto il suo servizio VMware-as-a-service. Il principale fornitore cloud cinese aveva promosso l'Alibaba Cloud VMware Service come soluzione che offriva le potenti funzionalità di prodotti VMware come vSphere, NSX e vSAN, ma il servizio è scomparso dal catalogo ufficiale. Secondo fonti informate, Alibaba ritiene che Broadcom, proprietaria di VMware, abbia sviluppato una nuova strategia per la Cina che non prevede la sua partecipazione. Broadcom ha confermato che il servizio è stato dismesso l'anno scorso per diverse ragioni legate alle priorità aziendali e a questioni tecnologiche.

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