Opinioni Sam Altman: l'IA eliminerà i lavori non reali
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05/11/2025

L'intervento del CEO di OpenAI al DevDay ha scatenato polemiche, ma c'è chi sostiene che l'IA stia solo rivelando quanto il lavoro moderno sia inefficiente.

Sam Altman: l'IA eliminerà i lavori non reali

Il dibattito sulla reale utilità di molte occupazioni moderne ha trovato un inaspettato protagonista durante la conferenza DevDay di OpenAI tenutasi all'inizio di questo mese. Sam Altman, amministratore delegato dell'azienda leader nell'intelligenza artificiale, ha scatenato polemiche affermando che numerosi impieghi destinati a scomparire con l'avvento dei modelli linguistici avanzati potrebbero non rappresentare "lavoro vero" già oggi. Le sue parole hanno riacceso un dibattito che va ben oltre la tecnologia, toccando il cuore stesso del valore produttivo nella società contemporanea. Una dichiarazione che suona particolarmente provocatoria in un'epoca in cui milioni di lavoratori temono per il proprio futuro professionale.

L'agricoltore immaginario e la gerarchia del lavoro

Durante un'intervista dal vivo con Rowan Cheung, fondatore di una newsletter dedicata all'intelligenza artificiale, Altman ha proposto un esperimento mentale basato sulla percezione del lavoro. Immaginando come un contadino di mezzo secolo fa osserverebbe le moderne professioni da ufficio, il CEO di OpenAI ha suggerito che probabilmente questo ipotetico agricoltore non riconoscerebbe come "autentico" ciò che fanno oggi manager e lavoratori del terziario. La riflessione proseguiva sottolineando come l'agricoltura rappresenti lavoro concreto che produce beni di cui le persone hanno realmente bisogno, lasciando intendere una differenza qualitativa con molte occupazioni attuali.

Questa gerarchizzazione implicita delle professioni non nasce con Altman. Il riferimento culturale più evidente rimanda alla teoria dei "bullshit jobs" dell'antropologo David Graeber, un concetto che ha fatto breccia tanto tra dipendenti frustrati quanto tra centri studi di politiche pubbliche. Secondo questa visione, interi settori dell'economia moderna sarebbero costruiti su burocrazie autoreferenziali prive di reale valore sociale.

Solo il cinque percento considera davvero inutile il proprio lavoro

Cosa dicono davvero i numeri

Le ricerche scientifiche raccontano però una storia diversa da quella suggerita dalle teorie più catastrofiste. Un'indagine del 2021 basata sull'European Social Survey ha rilevato che soltanto circa il cinque percento degli intervistati considerava il proprio impiego effettivamente inutile. Uno studio analogo condotto negli Stati Uniti ha registrato percentuali più elevate, avvicinandosi al venti percento, ma anche in questo caso i ricercatori hanno concluso che il senso di inutilità derivava maggiormente da cattiva gestione e cultura aziendale tossica piuttosto che dalla natura intrinseca delle mansioni.

Quando il proprio superiore pratica il micromanagement e i processi lavorativi sono disfunzionali, anche attività oggettivamente preziose possono apparire prive di senso. Questa percezione non costituisce affatto una prova che determinati ruoli debbano essere eliminati attraverso l'automazione. Il problema risiede nell'organizzazione, non necessariamente nella funzione.

Il vero bersaglio dell'intelligenza artificiale

Eppure, nascosto tra le pieghe della provocazione di Altman, emerge un nucleo di verità che merita attenzione. La maggior parte dei lavori non è falsa o inutile, ma molti hanno accumulato nel tempo strati di compiti automatizzabili: checklist di conformità normativa, report che nessuno leggerà mai, messaggi email che riassumono riunioni che avrebbero potuto essere semplici conversazioni su piattaforme di messaggistica. È precisamente questo tipo di "teatro lavorativo" che i modelli linguistici di grandi dimensioni sanno già gestire efficacemente.

Quando Altman parla di eliminazione attraverso l'intelligenza artificiale, probabilmente si riferisce proprio a queste incrostazioni procedurali piuttosto che a intere professioni. La distinzione è fondamentale: i LLM potrebbero cancellare specifiche mansioni ripetitive, non necessariamente interi ruoli professionali. Su questo punto specifico, l'analisi del CEO di OpenAI potrebbe rivelarsi accurata, pur risultando la sua formulazione originale quantomeno infelice dal punto di vista comunicativo e sociale.

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