News L'intelligenza artificiale può rendere il processo di assunzione più umano?
Valerio Porcu
2' 49''
02/09/2024

L'IA può migliorare l'efficienza dei processi di assunzione automatizzando compiti ripetitivi, ma il suo utilizzo solleva questioni etiche riguardanti bias, trasparenza e privacy.

L'intelligenza artificiale può rendere il processo di assunzione più umano?

L'uso dell'intelligenza artificiale (IA) nel processo di assunzione sta diventando sempre più diffuso. Le aziende vedono in questa tecnologia un'opportunità per migliorare l'efficienza e ridurre i costi legati alla selezione del personale. Tuttavia, mentre l'IA può certamente facilitare alcune fasi del processo di assunzione, essa porta con sé una serie di sfide e rischi che non possono essere ignorati.

Ad esempio, l'IA è in grado di automatizzare la selezione dei CV, identificando i candidati più qualificati in base a criteri prestabiliti, come l'esperienza lavorativa o le competenze tecniche. Questo riduce notevolmente il tempo che i reclutatori devono dedicare alla revisione manuale di migliaia di candidature. Inoltre, strumenti di IA possono essere utilizzati per redigere annunci di lavoro che attraggano una platea più diversificata di candidati, o per anonimizzare le informazioni personali, riducendo così i rischi di discriminazione. Allo stesso tempo, c’è il rischio che i candidati finiscano per creare curriculum per l’AI e non per le persone, nel tentativo di superare in modo artificioso la prima selezione; e, non meno rilevante, l’AI potrebbe escludere candidati meritevoli che non hanno redatto il CV nel modo ideale. 

Sicuramente uno degli aspetti più interessanti è la riduzione dei tempi di elaborazione, visto che ad oggi può volerci anche più di un mese solo per una prima selezione. Gli algoritmi AI possono decisamente dare una mano in questa fase. L'IA può analizzare+ grandi quantità di dati per prevedere quali candidati avranno maggiori probabilità di successo nel ruolo, migliorando così la qualità delle assunzioni.

Resta da risolvere il problema dei pregiudizi quei bias “embedded” negli algoritmi che possono portare all’inclusione di candidati validi per ragioni sbagliate. Diventa necessario avere un AI che possa essere trasparente nelle proprie decisioni e nelle motivazioni, e in grado di offrire tutte le informazioni necessarie per comprendere il processo. 

Una volta affrontati tali nodi, tuttavia, l’uso dell’AI nel reclutamento è un elemento determinante proprio per rendere il processo più umano. Questo perché i selezionatori umani, in particolare, avranno l’opportunità di focalizzarsi su quegli elementi che gli algoritmi non possono valutare.

Più umanità grazie all’IA

Le decisioni finali riguardanti l'assunzione di un candidato devono essere prese da persone, poiché solo un essere umano è in grado di valutare appieno le soft skills, come l'intelligenza emotiva, l'adattabilità e la capacità di lavorare in team. Inoltre, un'interazione diretta tra il candidato e il reclutatore è fondamentale per costruire una relazione di fiducia, qualcosa che l'IA non può replicare 

In questo senso, il processo di selezione può effettivamente diventare “più umano”, proprio perché i selezionatori - sgravati da compiti meccanici e ripetitivi - potranno dedicarsi agli aspetti emotivi e a quel tipo di competenze e intelligenze che (almeno per ora) le AI non possono valutare. 

Ecco quindi che l’IA può essere vista come un potente strumento che libera i responsabili delle risorse umane dai compiti più noiosi, permettendo loro di concentrarsi su ciò che conta davvero: conoscere i candidati e valutare la loro compatibilità con la cultura aziendale e le dinamiche del team  .

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