Il destino di 733 milioni di euro destinati alla banda ultralarga in Italia rappresenta oggi uno dei nodi più intricati della strategia digitale nazionale. Questi fondi, salvati in extremis dalla Manovra e allocati al Fondo di Connettività per completare il Piano Italia 1 Giga, dovrebbero colmare le lacune di una copertura a macchia di leopardo che rischia di escludere intere aree del Paese dalla rivoluzione digitale. Ma la vera sfida non è solo economica: riguarda la scelta del modello operativo e degli attori che dovranno portare a termine un'impresa finora dimostratasi più complessa del previsto.
Il rebus della distribuzione: mega gara o approccio territoriale?
Il governo ha optato per l'utilizzo di una "facility" gestita da Invitalia, con l'ambizioso obiettivo di completare tutto nell'arco di diciotto mesi e conservare così i fondi europei. Tuttavia, considerando i ritardi accumulati nei precedenti tentativi, questo cronoprogramma appare ottimistico. Sul tavolo restano interrogativi cruciali: si procederà con una nuova gara d'appalto per i 580mila civici ancora scoperti? Si opterà per un mega bando centralizzato o si preferiranno mini bandi regionali che potrebbero coinvolgere anche operatori di dimensioni ridotte?
La questione tecnologica aggiunge ulteriore complessità: quale spazio verrà riservato al satellite Starlink e ad altre soluzioni come l'FWA (Fixed Wireless Access)? Domande che attendono risposte concrete mentre il Dipartimento della Transizione Digitale, insieme a Invitalia, lavora alle decisioni definitive senza apparentemente prevedere una nuova consultazione pubblica.
Open Fiber e Fibercop: il duello dei protagonisti
Il ruolo di Open Fiber è al centro di una valutazione critica. Dopo le difficoltà emerse in due bandi precedenti – Piano BUL e Italia 1 Giga – con problemi di manodopera e impennate dei costi in corso d'opera, le performance del principale operatore wholesale only sono sotto esame. L'alternativa potrebbe essere Fibercop, l'altro grande player della fibra a livello wholesale, ma anche questa soluzione presenta criticità: l'azienda si affiderebbe alle stesse imprese sistemiche che già dichiarano di essere in sovraccarico.
Particolarmente paradossale risulta la conflittualità tra i due operatori principali, che secondo i desiderata politici dovrebbero convergere in un'unica entità. Una situazione resa ancora più stridente dalla presenza tra gli azionisti di entrambi di soggetti pubblici – MEF da una parte e CDP dall'altra – che rappresentano teoricamente gli stessi interessi nazionali. Questo scenario complica ulteriormente il lavoro di Infratel, la società controllata da Invitalia che funge da arbitro nella partita Italia 1 Giga.
La proposta degli operatori locali: bandi provinciali
L'AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) propone un cambio di paradigma radicale. Il vicepresidente Giovanni Zorzoni denuncia il fallimento dell'approccio centralistico e sollecita l'apertura di bandi su base provinciale, capaci di mobilitare tutte le energie produttive del territorio. "Gli operatori ad alta vocazione territoriale, che fuori dai riflettori continuano a costruire connessioni reali con mezzi propri e personale interno, devono essere valorizzati", sostiene Zorzoni.
L'associazione metterà a disposizione delle istituzioni uno studio indipendente sui civici ancora esclusi – definiti "gli ultimi tra gli ultimi" – che rappresentano i casi più complessi e costosi da raggiungere. Secondo questa analisi, il frazionamento dei lotti su base provinciale aumenterebbe la contendibilità e permetterebbe di impiegare parallelamente tutta la manodopera disponibile, evitando la concentrazione nelle mani dei soliti grandi appaltatori come Sirti o Valtellina.
Neutralità tecnologica e vincoli europei
Un aspetto cruciale riguarda il rispetto della neutralità tecnologica imposta dal Regolamento Europeo sugli Aiuti di Stato. I progetti di incentivo legati alla banda larga satellitare, per quanto promettenti, devono conformarsi a questi parametri per evitare procedure di infrazione. L'AIIP raccomanda inoltre meccanismi premianti per la connettività VHCN (Very High Capacity Network), che garantirebbero investimenti più efficaci e duraturi nel tempo.
Non meno importante, sottolinea l'associazione, è la necessità che tutti gli operatori rispettino le normative di settore, inclusa l'aderenza al Piracy Shield e agli altri filtri previsti dalla legge. La partita della banda ultralarga italiana si gioca dunque su molteplici tavoli: finanziario, tecnologico, normativo e organizzativo. E il rischio di ripetere per la terza volta gli errori del passato resta concreto se non si adotterà un approccio realmente innovativo.