News Google trucca i dati sull'energia dell'IA
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28/08/2025

I datacenter consumano meno acqua del previsto: nuovo rapporto ridimensiona l'allarme confrontando dati non omogenei tra settori diversi

Google trucca i dati sull'energia dell'IA

Il dibattito sui consumi idrici dell'intelligenza artificiale si è trasformato in una vera e propria battaglia di cifre, con Google che rivendica progressi rivoluzionari nell'efficienza di Gemini mentre gli studiosi accusano il colosso di Mountain View di utilizzare metodologie fuorvianti per minimizzare l'impatto ambientale dei propri sistemi. La controversia evidenzia quanto sia complesso valutare l'impronta ecologica dei data center e quanto facilmente le statistiche possano essere manipolate per dipingere scenari più rosei della realtà.

La sfida delle gocce: Google rivendica un consumo minimo

Secondo il nuovo rapporto pubblicato da Google, Gemini consuma appena 0,26 millilitri di acqua per generare una risposta di lunghezza media, l'equivalente di circa cinque gocce. Una cifra che rappresenterebbe un progresso straordinario rispetto alle stime precedenti, che parlavano di consumi compresi tra 45 e 47,5 millilitri per pagina di testo generato da modelli di dimensioni analoghe come Mistral Large 2 o GPT-3.

L'azienda californiana sostiene che questi risultati derivano da miglioramenti sostanziali nel software e nell'efficienza energetica. Il consumo elettrico dichiarato è di 0,24 watt-ora per prompt, accompagnato da quella manciata di gocce d'acqua che dovrebbe smentire le preoccupazioni crescenti sull'impatto ambientale dell'AI.

L'accusa degli studiosi: un confronto tra mele e pere

Shaolei Ren, professore associato di ingegneria elettrica e informatica presso l'Università della California Riverside, non ha dubbi: le affermazioni di Google sono fuorvianti perché paragonano dati che non dovrebbero essere messi sullo stesso piano. Il problema fondamentale risiede nella distinzione tra consumo idrico diretto e totale dei data center.

I centri dati consumano acqua in due modi principali: direttamente attraverso le torri di raffreddamento che evaporano l'acqua per mantenere fresche CPU e GPU, e indirettamente attraverso la produzione dell'energia elettrica necessaria al loro funzionamento. Secondo le stesse stime di Google, circa l'80% dell'acqua prelevata dai bacini idrici vicini ai suoi data center viene utilizzata proprio per il raffreddamento evaporativo.

Centrali a gas, carbone e nucleare utilizzano anch'esse torri di raffreddamento che consumano enormi quantità d'acqua

Ma anche le centrali elettriche che alimentano questi impianti richiedono acqua per il raffreddamento, indipendentemente dal fatto che si tratti di impianti a gas, carbone o nucleari. Questo significa che anche i data center che non consumano acqua direttamente possono avere un impatto significativo sui bacini idrici locali.

Il trucco dei numeri: quando le statistiche ingannano

La critica di Ren si concentra sulla metodologia utilizzata da Google: l'azienda ha confrontato il proprio consumo diretto con i dati totali delle ricerche precedenti, creando un paragone scorretto. Il dato di 47,5 millilitri citato nel rapporto Google rappresentava il consumo totale più elevato registrato dal team di Riverside tra 18 località diverse, non la media.

Nel documento originale del 2023 intitolato "Making AI Less 'Thirsty'", i ricercatori avevano stimato il consumo idrico diretto dei data center statunitensi medi a 2,2 millilitri per richiesta, una cifra molto più vicina a quella ora rivendicata da Google. "Non hanno solo scelto il dato totale, ma hanno anche selezionato il nostro valore totale più alto tra 18 località", ha dichiarato Ren.

La risposta di Google e le domande senza risposta

Google ha respinto le critiche attraverso Ben Townsend, responsabile della strategia infrastrutturale e sostenibilità dell'azienda, definendo i metodi dello studio UC Riverside come viziati. Secondo Townsend, il difetto critico della ricerca consiste nell'assumere una rete elettrica alimentata prevalentemente da impianti termoelettrici tradizionali raffreddati ad acqua, scenario che non si applicherebbe alle operazioni dei data center di Google.

Tuttavia, l'azienda non ha spiegato perché abbia scelto di utilizzare proprio i dati sia diretti che indiretti dello studio di Riverside per i propri confronti, se li considera così inaffidabili. Anche considerando solo il consumo diretto, lo 0,26 millilitri dichiarato da Google rimane sostanzialmente inferiore ai 2,2 millilitri della media statunitense calcolata nel 2023, suggerendo progressi notevoli nell'efficienza che meriterebbero una valutazione più trasparente e metodologicamente corretta.

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