Tecnologia La scommessa estrema per raffreddare l'IA
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09/10/2025

I data centre consumano enormi quantità di energia. Un nuovo progetto cinese immerge i server nell'oceano al largo di Shanghai per usare l'acqua marina come sistema di raffreddamento gratuito.

La scommessa estrema per raffreddare l'IA

L'oceano al largo di Shanghai sta per diventare il palcoscenico di un esperimento che potrebbe ridefinire l'architettura dell'era digitale. Mentre in Europa discutiamo ancora delle emissioni dei data center terrestri, la Cina ha deciso di immergersi letteralmente nel problema, calando sul fondale marino un pod di server che trasforma l'acqua salata nel più economico sistema di raffreddamento mai concepito. Non si tratta di un capriccio tecnologico, ma di una scommessa industriale che punta a tagliare del 90% i costi energetici rispetto ai colossi di cemento e acciaio che oggi divorano elettricità nelle periferie di ogni metropoli globale.

Il precedente di Microsoft e la scalata cinese

Il gigante di Redmond aveva già testato le acque nel 2018, letteralmente, immergendo un prototipo nel gelido Mare del Nord per due anni prima di ripescarlo con risultati incoraggianti. Ma c'è una differenza sostanziale: quello era ricerca pura, questo è business. Highlander, l'azienda che guida il progetto insieme a colossi statali delle costruzioni, ha già in tasca contratti con China Telecom e una compagnia governativa di intelligenza artificiale.

La strategia è tipicamente cinese: prendere un prototipo occidentale e trasformarlo in infrastruttura commerciale scalabile, spingendo sui volumi fino a renderlo standard de facto. Il copione si è già visto con i pannelli solari, le batterie al litio e ora tocca ai data center subacquei.

Ingegneria da fantascienza con problemi molto terrestri

Dal punto di vista tecnico, il pod sommerso è un gioiello di ingegneria che nasconde insidie pratiche non trascurabili. Assemblato a terra e poi calato con precisione millimetrica, deve resistere alla corrosione marina grazie a un rivestimento in scaglie di vetro che ricorda più la carena di un superyacht che una server farm. L'alimentazione arriva quasi interamente da turbine eoliche offshore, promettendo un tasso di rinnovabile superiore al 95%.

Ma è la connettività il vero tallone d'Achille. Collegare stabilmente un data center sottomarino alla terraferma richiede infrastrutture marine ridondanti e costose, molto più complesse di una normale fibra urbana. Senza contare i rischi di sabotaggio: studi condotti da università giapponesi e americane hanno già ipotizzato attacchi con onde acustiche subacquee per danneggiare server farm sommerse.

Il mare non è più solo un ecosistema, è diventato un refrigeratore nazionale

Il calore non scompare, si sposta

Dietro la retorica dell'innovazione verde si nasconde una questione ambientale spinosa. Il calore prodotto dai server non evapora magicamente: viene scaricato nell'ecosistema marino con conseguenze ancora largamente sconosciute. Andrew Want, ecologo marino citato negli studi preliminari, avverte che alcune specie potrebbero essere attratte dal calore artificiale mentre altre potrebbero essere respinte, alterando equilibri consolidati da millenni.

Highlander rassicura citando temperature "ben al di sotto delle soglie di rischio", ma i dati si riferiscono a un prototipo minuscolo testato a Hainan con 40 milioni di yuan di finanziamenti statali. Quando i megawatt diventeranno decine o centinaia, l'equazione potrebbe cambiare radicalmente.

La geopolitica dell'intelligenza artificiale sommersa

La vera posta in gioco non è ambientale ma strategica. Ogni algoritmo di deep learning ha una fame vorace di potenza di calcolo e ogni GPU produce calore come un forno industriale. La corsa all'IA ha trasformato il raffreddamento dei server in una questione di sicurezza nazionale: chi riesce a processare dati in modo più efficiente ed economico avrà un vantaggio competitivo decisivo su OpenAI, Google e NVIDIA.

Xi Jinping ha promesso la neutralità carbonica entro il 2060, ma quello che conta davvero è mantenere la leadership tecnologica senza soccombere ai costi energetici. Il mare diventa così non un ecosistema da proteggere, ma una risorsa strategica per il cloud computing del futuro.

L'invisibile trasformazione del potere digitale

Il paradosso è che la maggior parte degli utenti non saprà mai se il video che guarda o il chatbot che interroga gira su un server terrestre o sommerso. Ma l'economia dei dati non è più un'astrazione nuvolosa: è diventata un'infrastruttura pesante fatta di metallo, sale marino e turbine eoliche. Se la Cina riuscirà a dimostrare che l'oceano può raffreddare l'intelligenza artificiale in modo economicamente sostenibile, avrà conquistato il diritto di scrivere le regole della prossima generazione di cloud computing.

Gli analisti occidentali minimizzano, sostenendo che i data center sottomarini resteranno una nicchia complementare ai giganti terrestri. Forse hanno ragione nel breve periodo, ma sottovalutano il potere della scala industriale cinese. Quando Pechino decide di trasformare un esperimento in standard globale, la storia insegna che bisogna prenderla sul serio.

Il futuro della nostra intelligenza artificiale potrebbe dipendere non da scintillanti server farm urbane, ma da capsule metalliche sommerse che assomigliano più a relitti industriali che a cattedrali digitali. È un'immagine distopica, eppure concreta: l'oceano che diventa data center, ridefinendo per sempre la geografia del potere tecnologico mondiale.

Fonte: rivista.ai

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