Interrogare la realtà con metodo rappresenta una delle competenze più trascurate nei percorsi formativi manageriali contemporanei. Secondo recenti studi condotti presso l'IMD Business School, i leader aziendali tendono a padroneggiare solo alcune tipologie di domande, mostrando significative lacune in altre aree dell'indagine strategica. Questa carenza non è semplicemente una questione di stile comunicativo, ma compromette concretamente la capacità di perseguire obiettivi strategici e di guidare le organizzazioni attraverso scenari complessi e in rapida evoluzione.
L'arte dimenticata dell'interrogazione strategica
Nel panorama aziendale italiano, dove spesso prevale un approccio operativo rispetto a quello analitico-strategico, la capacità di porre domande efficaci assume un valore ancora più determinante. Non si tratta semplicemente di "fare domande", ma di costruire un'architettura interrogativa che permetta di esplorare problemi e opportunità da prospettive diverse, superando i pregiudizi cognitivi che spesso affliggono i processi decisionali.
Arnaud Chevallier, docente di strategia all'IMD Business School, ha elaborato insieme ai colleghi Frédéric Dalsace e Jean-Louis Barsoux un modello che identifica cinque tipologie fondamentali di domande che ogni leader dovrebbe padroneggiare: investigative, speculative, produttive, interpretative e soggettive. Ciascuna categoria risponde a esigenze cognitive diverse e permette di illuminare aspetti complementari della realtà aziendale.
Le cinque dimensioni dell'interrogazione manageriale
Le domande investigative costituiscono il fondamento dell'analisi situazionale. "Quali dati possediamo sul comportamento dei clienti nel segmento premium?" o "Quali fattori hanno contribuito al calo delle vendite nell'ultimo trimestre?" sono esempi di questo approccio. Diversamente da quanto avviene in molte aziende italiane, dove spesso si procede per intuizioni non verificate, questo tipo di interrogazione permette di costruire una solida base fattuale.
Le domande speculative, invece, aprono lo spazio del possibile. "Cosa accadrebbe se eliminassimo completamente questo passaggio dal processo?" oppure "Come potremmo ripensare la nostra offerta se il costo dell'energia raddoppiasse?" sono interrogativi che stimolano il pensiero laterale e permettono di esplorare scenari alternativi, competenza particolarmente preziosa in un'economia volatile come quella attuale.
Il terzo tipo, le domande produttive, sono orientate all'azione e alla risoluzione dei problemi. "Quali tre azioni concrete possiamo intraprendere entro il prossimo mese per migliorare l'esperienza utente?" esemplifica questo approccio pragmatico, particolarmente congeniale alla cultura imprenditoriale italiana, tradizionalmente orientata al problem solving.
Oltre i fatti: interpretazione e soggettività
Le domande interpretative richiedono un salto qualitativo nell'analisi. Non si limitano a raccogliere informazioni, ma cercano di attribuire significato: "Cosa ci dice questo modello di acquisto sulla percezione del nostro brand?" o "Quali valori emergono dalle scelte dei nostri competitor?". Questo tipo di interrogazione richiede competenze ermeneutiche non sempre diffuse nei contesti manageriali tradizionali.
Infine, le domande soggettive esplorano la dimensione personale e valoriale: "Cosa ti entusiasma maggiormente di questo progetto?" oppure "Quali aspetti della nostra cultura aziendale ritieni più problematici?". In un contesto come quello italiano, dove le relazioni personali giocano un ruolo determinante anche in ambito professionale, questa dimensione assume particolare rilevanza.
Casi emblematici di trasformazione attraverso le domande
Un esempio particolarmente illuminante citato da Chevallier riguarda un'azienda manifatturiera che stava affrontando problemi di qualità ricorrenti. Anziché limitarsi alle consuete domande investigative ("Dove si verificano i difetti?") o produttive ("Come possiamo ridurre gli scarti?"), il management ha introdotto domande interpretative ("Cosa ci dicono questi difetti sul nostro processo di progettazione?") e speculative ("Come cambierebbe il nostro approccio se considerassimo la qualità non come un costo ma come un driver di innovazione?").
Questo approccio multi-dimensionale ha permesso di scoprire che il problema non risiedeva nella fase produttiva, come inizialmente ipotizzato, ma nella disconnessione tra il reparto design e quello di produzione. La soluzione è emersa non da un'analisi lineare, ma da un processo di interrogazione sistematica che ha coinvolto diverse prospettive e livelli di analisi.
L'ascolto attivo come complemento necessario
Chevallier sottolinea come la capacità di porre domande efficaci sia inseparabile dall'ascolto attivo. Nel contesto italiano, caratterizzato da una comunicazione spesso vivace e sovrapposta, sviluppare questa competenza rappresenta una sfida particolare. Non si tratta semplicemente di attendere il proprio turno per parlare, ma di creare uno spazio mentale in cui le risposte possano essere accolte nella loro complessità.
Le aziende che hanno implementato programmi di formazione specifici sull'arte di porre domande riportano miglioramenti significativi non solo nella qualità dei processi decisionali, ma anche nel clima organizzativo e nella capacità di innovazione collettiva. La domanda efficace diventa così non solo uno strumento analitico, ma un potente catalizzatore di trasformazione culturale.
Implementare una cultura dell'interrogazione strategica
Come possono i leader italiani sviluppare questa competenza cruciale? Secondo Chevallier, il primo passo consiste nel prendere consapevolezza delle proprie tendenze naturali: alcuni manager eccellono nelle domande investigative ma trascurano quelle speculative, altri privilegiano l'aspetto soggettivo a scapito di quello interpretativo.
La pianificazione strategica rappresenta un contesto ideale per esercitare l'arte dell'interrogazione diversificata. Integrare sistematicamente le cinque tipologie di domande nei processi decisionali permette di evitare i punti ciechi cognitivi e di esplorare il problema da molteplici prospettive, arricchendo significativamente la qualità dell'analisi e delle soluzioni identificate.
Nel contesto della trasformazione digitale che sta investendo il tessuto imprenditoriale italiano, la capacità di porre le domande giuste nei momenti critici potrebbe rivelarsi la competenza differenziale che separa le organizzazioni destinate al successo da quelle condannate all'irrilevanza in un mercato sempre più complesso e competitivo.