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12/07/2024

L'evoluzione e i benefici dell'IA giustificheranno gli investimenti?

Le organizzazioni di tutto il mondo stanno continuando a investire nell'intelligenza artificiale, ma quando potremo godere di reali benefici da questa tecnologia, se ce ne saranno? L'IA è solo una bolla che sta per scoppiare o ha il potenziale per rivoluzionare per sempre l'economia mondiale?

Un dettagliato report di Goldman Sachs ha cercato di rispondere a queste domande riportando l'opinione di diversi esperti in materia. La questione di fondo è se e tra quanto tempo nascerà la "killer application" dell'IA capace di ripagare tutti gli investimenti delle grandi aziende e di rispettare le promesse nate con il lancio di ChatGPT.

Gli esperti si dividono tra chi come Daron Acemoglu, professore presso l'MIT, e Jim Covello, head of global equity research di Goldman Sachs, sono piuttosto "pessimisti" e ritengono che l'incredibile spesa nell'IA non verrà giustificata, perlomeno non nei prossimi 10 anni, e chi come Kas Rangan ed Eric Sheridan, analisti di US software equity research di Goldman Sachs, ritengono che gli investimenti siano pienamente giustificati.

Oggi per gli investitori non è semplice capire se dare fiducia all'IA o attendere: nel primo caso, il rischio è di affrontare ingenti spese senza un ritorno adeguato; nel secondo caso, potrebbero lasciarsi sfuggire il momento giusto per investire, perdendo importanti guadagni. 

Daron Acemoglu: solo un quarto dei task supportati da IA saranno cost-effective

Le previsioni di Acemoglu riguardo l'impatto dell'IA sulla produttività e, di conseguenza, sul PIL degli Stati Uniti, sono tutt'altro che ottimistiche: se gli analisti di Goldman Sachs prevedono un incremento rispettivamente del 9% e del 6,1% nei prossimi 10 anni, Acemoglu ridimensiona questi numeri allo 0,5% e all'1%.

Parte degli investimenti, sostiene il professore, andranno persi proprio perché l'aumento di produttività non sarà così elevato come sperato: molte realtà si stanno dimostrando fin troppo ottimistiche nelle capacità dell'IA, e solo una parte delle loro spese otterranno un effettivo ritorno. 

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Il professore riconosce il potenziale trasformativo dell'IA, ma ritiene che queste trasformazioni non avverranno di certo nei prossimi 10 anni. In questo lasso di tempo la tecnologia aumenterà l'efficienza dei processi di produzione esistenti, rendendo la forza lavoro più produttiva, ma non in un volume così elevato come molti prevedono (e sperano).

Secondo Acemoglu, solo un quarto dei task supportati da IA sarà davvero cost-effective, i quali rappresentano il 5% di tutti i task lavorativi. "L'impatto maggiore della tecnologia nei prossimi anni riguarderà molto probabilmente i compiti mentali puri, che non sono banali per numero e dimensioni, ma non abbastanza".

L'IA, spiega Acemoglu, evolverà indubbiamente nei prossimi anni come è successo per tutte le altre tecnologia, ma non tanto quanto molti ritengono, e aumentare il numero di dati da processare e le capacità delle GPU non incrementerà in modo proporzionale le capacità dell'IA. "Includere il doppio dei dati da Reddit nella prossima versione di GPT potrebbe aumentare la sua abilità di prevedere la prossima parola durante una conversazionale informale, ma non aumenterà necessariamente la capacità di un operatore di customer service di aiutare un cliente a risolvere il suo problema". 

Non è soltanto un problema di qualità dei dati (ancora irrisolto), ma anche di limiti stessi della tecnologia: la capacità umana di ragionamento include diversi tipi di processi cognitivi e input sensoriali che difficilmente la tecnologia riuscirà a riprodurre. 

La visione di Acemoglu è conservativa: sì, è possibile che l'IA riesca a rivoluzionare alcuni processi scientifici, ma si parla comunque di un orizzonte temporale di almeno 20-30 anni e che prevede comunque gli esseri umani al comando. 

Più che negativo, Acemoglu si dice realista riguardo l'evoluzione di questa tecnologia, avvertendo che l'eccessivo ottimismo e l'hype esagerato potrebbero portare a usi prematuri dell'IA, i quali, a loro volta, aumenterebbero il rischio di abuso della tecnologia. "È importante resistere all'entusiasmo e seguire un approccio più cauto, il quale include migliori tool di regolamentazione, man mano che l'IA evolve" conclude il professore. 

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Jim Covello: l'IA non è in grado di risolvere problemi complessi

Anche Covello è piuttosto riluttante a farsi trascinare dall'entusiasmo nei confronti dell'IA: la sua preoccupazione più grande, afferma, è che le applicazioni di IA debbano riuscire a risolvere problemi complessi per garantire un ROI appropriato, capacità che questa tecnologia non riuscirà mai ad avere.

Il vero problema è che l'intelligenza artificiale è "eccezionalmente costosa" pur essendo ancora nelle fasi iniziali e non è in grado neanche lontanamente di giustificare questi costi enormi. 

"La base di partenza dei costi è talmente elevata che, anche le spese diminuissero, dovrebbero farlo in maniera così drastica da rendere economici i task di automazione tramite IA" spiega Covello mentre, al contrario, il costo per supportare le elaborazioni non fa che crescere.

Covello è scettico anche riguardo il potenziale trasformativo dell'IA: al contrario di Internet, del telefoni cellulari e dei laptop che hanno rivoluzionato fin nelle fondamenta la nostra vita quotidiana, e ai quali viene paragonata l'IA, questa tecnologia si dimostra molto promettente nel migliorare i processi esistenti (e ha ancora molta strada da fare in merito), non nel rivoluzionare la nostra vita.

"Faccio fatica a credere che questa tecnologia riuscirà ad avere le capacità di ragionamento cognitivo richieste per migliorare in maniera sostanziale o rimpiazzare le interazioni umane" afferma Covello.

In ogni caso, la spesa nell'IA continuerà ad aumentare: le organizzazioni sono costrette a investire nella tecnologia per non perdere l'attenzione del mercato e non rischiare di lasciarsi sfuggire le possibili opportunità che si presenteranno nel cammino dell'innovazione. 

In ogni caso, secondo Covello, l'attenzione degli investitori nell'IA potrebbe ben presto cominciare a vacillare: se non emergeranno casi d'uso significativo nei prossimi 12-18 mesi, l'hype diminuirà e le organizzazioni dovranno fare attenzione a investire su sperimentazioni con ROI negativo, pena il declino inevitabile dei profitti. 

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La visione positiva di Joseph Briggs

Joseph Briggs è di tutt'altro avviso rispetto a Covello e Acemoglu: l'economista sostiene che l'IA, in particolare l'IA generativa, riuscirà ad automatizzare almeno il 25% di tutti i task lavorativi, confermando la crescita del 9% della produttività e del 6,1% del PIL entro i prossimi 10 anni. 

Briggs sottolinea che gli avanzamenti tecnologici dell'IA non solo miglioreranno l'esecuzione dei task esistenti, ma creeranno nuovi tipi di attività e prodotti capaci di aumentare il potenziale produttivo dei lavoratori.

"I dati storici dimostrano che la crescita economica deriva principalmente dalla riallocazione delle risorse guidata dalla tecnologia e dall'espansione della frontiera di produzione, e prevediamo che l'intelligenza artificiale aumenterà la produzione sia incrementando la domanda nelle aree in cui il lavoro ha un vantaggio comparativo, sia creando nuove opportunità che in precedenza erano tecnologicamente o economicamente irrealizzabili" spiega Briggs.

L'economista riconosce inoltre che, al momento, l'adozione dell'IA appare piuttosto modesta al di fuori dei pochi settori che ne stanno facendo un uso esteso (come il computing, l'infrastruttura dati e l'intrattenimento), ma comunque continuerà a crescere nei prossimi mesi e nei prossimi anni; parallelamente, i costi per le applicazioni cominceranno a scendere.

Le spese per l'IA ripagheranno gli investitori 

Kash Rangan ed Eric Sheridan si allineano alla visione positiva di Briggs specificando che, anche se l'IA è un "work in progress", gli investimenti in questa tecnologia alla fine verranno ripagati. 

Rangan spiega che l'IA ha già dimostrato di portare numerosi benefici non solo di produttività, ma anche per la generazione di nuove idee. I lavoratori di ogni settore possono dedicarsi ad attività a più alto valore e supportare così la crescita del business.

I due economisti concordano sul fatto che, attualmente, non abbiamo ancora individuato la "killer application" dell'IA che giustifichi oggettivamente e con sicurezza gli investimenti effettuati; al contrario di chi si dice più cauto, però, Rangan e Sheridan sono certi che, anche se ci vorrà del tempo, questa applicazione rivoluzionaria emergerà.

Gli investimenti attuali sono senza dubbio ingenti, ma anche promettenti e quindi non devono destare preoccupazione, almeno per il momento. Se è vero che le compagnie stano spendendo molti soldi nella ricerca e nell'architettura a supporto dell'IA, rispetto al passato queste realtà hanno un capitale molto maggiore, capacità di gestione migliori e una reputazione più forte.

Per questo, anche se ci vorrà più tempo del previsto per ottenere un ROI favorevole e immettere sul mercato soluzioni efficienti, Rangan e Sheridan non sono preoccupati di un eventuale crollo economico delle compagnie. 

"Oggi la tecnologia dietro l'IA è indubbiamente costosa. E il cervello umano è 10.000 volte più efficace per unità di potenza nell'eseguire compiti cognitivi rispetto all'IA generativa. Ma l'equazione dei costi della tecnologia cambierà, proprio come è sempre accaduto in passato" afferma Rangan. 

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Secondo Sheridan, chi è ancora scettico su potenziale trasformativo dell'IA e nota soltanto il ROI basso, non sta considerando tre punti fondamentali: "Uno, la formazione sui dati esistenti/storici per informare e guidare i risultati analitici in futuro sarà esattamente come andare all'università: le persone ci vanno per imparare e poi migliorare la produttività e l'efficienza per decenni dopo la laurea, e le macchine possono assolutamente fare lo stesso. In secondo luogo, oggi le macchine sono in grado di svolgere tutta una serie di compiti in modo più produttivo ed efficiente rispetto agli esseri umani, e questo resterà vero per decenni nel futuro. E tre, le persone non pensavano di aver bisogno di smartphone, Uber o Airbnb prima che esistessero. Ma oggi sembra impensabile che le persone abbiano mai resistito a questi progressi tecnologici. E questo sarà quasi certamente vero anche per la tecnologia dell'IA generativa".

Il problema del costo energetico

Nella discussione sulle promesse dell'IA e su quando verranno mantenute bisogna anche considerare l'impatto energetico delle nuove infrastrutture. In questo caso la visione degli esperti è piuttosto unificata: l'intelligenza artificiale richiede e richiederà un'enorme potenza energetica, ed è necessario capire se il mondo intero riuscirà a soddisfare questa esigenza.

Brian Janous, co-fondatore di Cloverleaf Infrastructure ed ex vice-presidente del comparto Energy di Microsoft, ritiene che l'infrastruttura energetica degli Stati Uniti (così come di altri Paesi) non è pronta a sostenere le attuali e future richieste dell'IA.

La richiesta energetica per alimentare le applicazioni basate su IA continuerà a crescere nei prossimi anni. Il problema non è solo il fatto che questa tecnologia richiede un'enorme potenza energetica, ma anche che, al momento, solo una porzione di questa energia viene usata per progetti che effettivamente vengono immessi sul mercato.

"Le infrastruttura non sono cresciute in carico negli ultimi 20 anni e non sono preparate per - né capaci di eguagliare - la velocità alla quale l'IA sta evolvendo" spiega Janous. Se tra ChatGPT 3.5 e ChatGPT 4.0 sono trascorsi solo pochi mesi, il tempo che serve alle utility energetiche per crescere in modo da supportare l'aumento di capacità dell'IA è nell'ordine di grandezza di anni.

Finché le infrastrutture elettriche non riusciranno a sostenere i carichi di lavoro di IA, i fornitori di energia dovranno scegliere a chi fornire questa energia e, secondo Janous, i data center saranno i primi a venire esclusi. 

La difficoltà nel fornire un'infrastruttura più potente dipende in parte dalla difficoltà di reperire i componenti necessari all'ampliamento, e in parte dal fatto che l'industria energetica è altamente regolata e le compagnie devono affrontare processi di approvazione molto lunghi e complessi prima di procedere con l'espansione.

Una soluzione vera e propria al momento non c'è, ma, per ridurre anche solo in parte la difficoltà dei fornitori di energia, Janous spiega che bisognerebbe trovare nuovi modi per rendere i sistemi attuali più efficienti. 

"Le aziende di servizi pubblici che riusciranno a trovare il modo di offrire più energia a più clienti in tempi più brevi attireranno lo sviluppo economico e la crescita. Anche se i data center non sono percepiti come grandi creatori di posti di lavoro, essi creano comunque un'attività economica significativa sotto forma di posti di lavoro nella costruzione e di un elevato gettito fiscale".

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Guardando ai dati veri e propri, Carly Davenport, analista senior di US utilities equity research di Goldman Sachs, spiega che la proliferazione dell'IA generativa incrementerà la richiesta di elettricità del 2,4% annuo dal 2022 al 2030, con i data center che saranno responsabili del 90% di questa richiesta. 

Nel dettagli, gli Stati Uniti avranno bisogno di 47GW fino al 2030 per supportare l'aumento della richiesta energetica dei data center, forniti per il 60% da gas naturali e per il 40% da fonti di energia rinnovabile; ciò si traduce in un investimento di 7 miliardi annuali per compagnie energetiche, considerando la necessità di rinnovare l'infrastruttura a supporto.

"Tra la generazione, la trasmissione e la distribuzione, ci aspettiamo che le compagnie statunitensi spendano fino al 40% in più rispetto a ora nel periodo 2024-2027" spiega Davenport. 

L'analista conferma che una delle difficoltà principali sarà proprio la costruzione delle nuove infrastrutture, visto che le compagnie dovranno districarsi tra tempi burocratici lunghi e un'attenta pianificazione delle risorse. 

E per quanto riguarda l'Europa? Alberto Gandolfi, head of European utilities equity research di Goldman Sachs, ritiene che anche nel vecchio continente la richiesta energetica incrementerà, con una stima del +40-50% entro i prossimi dieci anni. 

"Gli studi dimostrano che i data center AI possono consumare fino a circa 10 volte più energia rispetto ai data center tradizionali, in particolare durante la fase di addestramento. Secondo le nostre stime, i data center AI e l'elettrificazione potrebbero aumentare la domanda di energia elettrica in Europa del 40% nel prossimo decennio" afferma Gandolfi. L'aumento, continua il ricercatore, sarebbe equivalente al consumo attuale combinato di Olanda, Portogallo e Grecia.

La richiesta energetica sarà concentrata per lo più su due tipi di aree: da una parte, i Paesi con potenza energetica di base più abbondante, ovvero i Paesi nordici, la Spagna e la Francia; dall'altra, le nazioni con una forte presenza di servizi finanziari e hub tech, ovvero Germania, Regno Unito e Irlanda. 

L'aumento della richiesta si tradurrà in investimenti per l'infrastruttura energetica e soluzioni rinnovabili, con le seconde che arriveranno a fornire 800 GW di potenza (tra eolica e solare) nei prossimi dieci-quindici anni. 

La questione sui benefici e sugli svantaggi dell'IA è molto complessa e sta dividendo gli esperti di tecnologia ed economia. Questa tecnologia ha svantaggi e rischi oggettivi, ma ha indubbiamente anche un potenziale ancora inespresso, tutto da sfruttare. 

Difficile prevedere con esattezza quando e come verrà sfruttato, ma una cosa è certa: per trarre vantaggio dall'IA, o almeno provarci fino in fondo, è necessario risolvere il prima possibile le sfide che presenta, prima che sia troppo tardi. 

 

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