La gestione delle interruzioni IT sta diventando una delle sfide più costose per le aziende britanniche e irlandesi, che pur distinguendosi positivamente nel panorama EMEA per le loro capacità di risposta, si trovano comunque a fronteggiare perdite economiche che raggiungono cifre astronomiche. Una recente analisi condotta da New Relic ha rivelato come queste organizzazioni stiano affrontando costi mediani di 38 milioni di dollari all'anno per interruzioni ad alto impatto, mentre i loro ingegneri dedicano un quarto del proprio tempo a risolvere emergenze invece di concentrarsi sullo sviluppo di nuove funzionalità. Il dato più preoccupante emerge dalla scarsa consapevolezza del problema: oltre un terzo delle aziende intervistate ammette di non monitorare o non conoscere affatto l'impatto finanziario di queste interruzioni.
Il primato europeo non basta a contenere le perdite
Nonostante le performance superiori rispetto alla media europea, i numeri restano impressionanti per dimensioni e frequenza. Il 26% delle aziende di Regno Unito e Irlanda subisce interruzioni IT ad alto impatto con cadenza settimanale, una percentuale decisamente migliore rispetto al 37% registrato nel resto della regione EMEA. Tuttavia, quando si verificano questi disservizi, il costo orario può oscillare tra 1 e 3 milioni di dollari, con un valore mediano di 2 milioni di dollari per ogni ora di fermo.
Le cause principali di questi blackout tecnologici sono riconducibili a tre fattori critici: i guasti di rete si posizionano al primo posto, seguiti dai malfunzionamenti dei servizi di terze parti o dei provider cloud, e infine dalle modifiche apportate agli ambienti di sistema che generano effetti indesiderati.
La proliferazione degli strumenti complica il monitoraggio
Un fenomeno particolarmente marcato nelle isole britanniche riguarda la dispersione degli strumenti di controllo. Il 33% delle organizzazioni locali identifica nell'eccesso di tool di monitoraggio e nella frammentazione dei dati il principale ostacolo al raggiungimento di una visibilità completa sui propri sistemi, superando la media EMEA che si ferma al 27%.
L'evoluzione verso applicazioni basate su modelli linguistici avanzati e intelligenza artificiale autonoma introduce ulteriori complessità nel panorama della osservabilità IT. Paradossalmente, però, l'AI sta diventando anche il principale motore della domanda per soluzioni di monitoraggio più sofisticate. L'adozione di capacità di monitoraggio AI è balzata dal 35% del 2024 al 45% nel 2025, con appena il 5% delle aziende che dichiara di non avere piani per implementare queste tecnologie.
Produttività in crescita ma controllo insufficiente
I benefici dell'investimento in osservabilità si traducono in guadagni tangibili di produttività. Il 49% dei professionisti intervistati conferma che questi strumenti liberano tempo prezioso per dedicarsi ad altri progetti, un risultato significativamente superiore alla media EMEA del 34%. Inoltre, il 41% delle aziende riporta incrementi di produttività derivanti dalla capacità di identificare e risolvere problemi più rapidamente.
Manesh Tailor, Field CTO di New Relic per l'area EMEA, sottolinea come "le organizzazioni che non investono in osservabilità rischiano non solo enormi perdite di fatturato, ma anche danni reputazionali derivanti da interruzioni frequenti". Il paradosso emerge quando si scopre che il 20% delle aziende britanniche e irlandesi non monitora il ritorno sull'investimento delle proprie iniziative di osservabilità, il doppio rispetto alla media europea del 10%.
La ricerca evidenzia come le aziende che abbracciano soluzioni di osservabilità intelligente su tutta la loro infrastruttura tecnologica sperimentino meno tempi di inattività, interruzioni critiche ridotte e tempi di risoluzione più rapidi, elementi che si traducono direttamente nel raggiungimento degli obiettivi di business principali.