Tecnologia AI cambia i modelli tariffari: strategie CIO
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09/12/2025

Con la diffusione dell'IA e la riduzione del personale, i fornitori stanno passando da tariffe per utente a modelli basati su consumo e interazioni con agenti.

AI cambia i modelli tariffari: strategie CIO

Il panorama delle licenze software aziendali sta attraversando una trasformazione epocale che costringe i direttori IT a ripensare completamente le strategie di negoziazione con i fornitori. L'avvento dell'intelligenza artificiale e degli agenti autonomi sta infatti spingendo i principali vendor a rivoluzionare i tradizionali modelli di tariffazione, passando dal consolidato sistema "per utente" a formule basate su consumo, interazioni e utilizzo effettivo. Questo cambiamento, tutt'altro che marginale, richiede nuove competenze e un approccio radicalmente diverso alla gestione dei contratti software.

Il tramonto del modello tradizionale

Secondo un recente rapporto di IDC, entro il 2028 il modello di pricing per utente sarà completamente abbandonato dal 70% dei fornitori di software aziendale. La motivazione è chiara: gli agenti AI stanno rapidamente sostituendo il lavoro manuale ripetitivo con automazione digitale, rendendo obsoleto un sistema di tariffazione legato al numero di dipendenti. Quando le macchine svolgono compiti un tempo umani, contare le "teste" perde significato economico.

Colossi come Salesforce e Workday hanno già annunciato pubblicamente questa direzione strategica. Carl Eschenbach, CEO di Workday, ha dichiarato durante una presentazione agli investitori che l'azienda si concentra "sul ricavo per utente, non semplicemente sul numero di utenti". Una sfumatura linguistica che nasconde una rivoluzione contrattuale.

Costi imprevedibili all'orizzonte

Adam Mansfield, responsabile della consulenza presso UpperEdge, lancia un avvertimento diretto: "Le aziende devono prepararsi a fluttuazioni significative dei costi nel prossimo anno". Il rischio principale? Trovarsi di fronte a rincari improvvisi a metà contratto o consumare le quote di utilizzo molto più rapidamente del previsto. L'esempio emblematico è Agentforce di Salesforce, che abbandona il modello per utente in favore di tariffe basate sull'uso.

Mansfield segnala casi concreti di aziende che hanno esaurito i pacchetti di "conversazioni AI" con una velocità sorprendente. Il problema fondamentale? Ordini d'acquisto firmati senza definizioni chiare di cosa costituisca una "conversazione" o come venga calcolato il consumo. Il risultato è prevedibile: addebiti inattesi e sostanziali che una negoziazione preventiva adeguata avrebbe potuto evitare.

I vendor trasferiscono quasi tutti i rischi sui clienti

La strategia dello scaricabarile

Sanchit Vir Gogia, analista senior di Greyhound Research, inquadra la questione in termini ancora più netti: "Non si tratta di un semplice aggiustamento, ma di un ribaltamento strategico delle strutture contrattuali". Secondo Gogia, i fornitori stanno trasferendo la volatilità dei costi computazionali dell'AI direttamente sui clienti, mentre contemporaneamente assorbono i guadagni di produttività ottenuti dalle aziende.

Il modello tradizionale e prevedibile delle licenze viene sostituito da unità vaghe come crediti, interazioni ed eventi, spesso deliberatamente progettate per offuscare il reale scambio di valore. Queste metriche vengono misurate senza trasparenza o limiti predefiniti, creando un'asimmetria strutturale: i vendor garantiscono margini stabili mentre i clienti si assumono il rischio del superamento delle soglie.

Cosa devono fare i CIO

Per Aaron Perkins, CEO di MarketProven AI, la classica minaccia negoziale di "cambiare fornitore" perde efficacia in questo contesto. Gli elevati costi di transizione verso nuovi vendor principali rendono questa leva poco credibile, e quando tutti i fornitori abbandoneranno il pricing per utente, le alternative spariranno completamente.

Gli analisti concordano su un punto di partenza cruciale: definire esplicitamente ogni termine quando i vendor propongono nuovi modelli tariffari. Perkins sottolinea che "utilizzo" può significare cose diverse: si intende solo il tempo in cui gli utenti sono connessi o include anche i backup automatici notturni? "Bisogna fare domande difficili e pretendere spiegazioni concrete", insiste.

Clausole protettive indispensabili

Una strategia difensiva consiste nell'imporre rigidi limiti massimi di consumo contrattuale, obbligando il fornitore a richiedere approvazione scritta prima di qualsiasi superamento. Se il vendor genera consumi extra senza autorizzazione, deve accollarsi i costi. Questo ribaltamento di responsabilità è fondamentale quando si tratta di agenti autonomi completamente automatizzati, che Perkins identifica come la variabile tariffaria più insidiosa.

Jason Anderson, analista senior presso Moor Insights & Strategy, suggerisce ai CIO di richiedere periodi di grazia prima dell'applicazione dei nuovi modelli. "Una moratoria di circa un anno sarà probabilmente una strategia diffusa", afferma. Questo lasso temporale permette di mappare accuratamente i consumi attuali e costruire modelli predittivi per la transizione tariffaria.

Anderson raccomanda investimenti in competenze FinOps e strumenti sofisticati di osservabilità e misurazione, notando che "il software per quantificare l'utilizzo degli agenti sta raggiungendo una certa maturità". La reazione prevedibile dei vendor? Offerte del tipo "X dollari per un miliardo di token", con tariffe inizialmente convenienti per acquisti in volume.

Il problema del superamento delle soglie

La vera insidia emerge quando le aziende superano la quota iniziale, cosa che secondo Anderson accadrà alla maggioranza nei primi tempi. A quel punto i fornitori applicheranno tariffe maggiorate per i consumi eccedenti, e i CIO dovranno riversare questi costi sulle unità aziendali. Per controllare gli agenti autonomi, si possono configurare soglie nei sistemi di monitoraggio che attivino allarmi al raggiungimento di determinati livelli, o applicare direttamente agli agenti politiche che limitino il consumo di token.

Esiste però un rischio aggiuntivo paragonabile agli attacchi DDoS nel mondo hosting: attori malevoli o concorrenti potrebbero deliberatamente gonfiare i costi generando utilizzo artificiale. Anderson fornisce un esempio concreto: "Un attacco massiccio con bot contro un agente di customer service può far esplodere le spese". La soluzione? Inserire clausole antifrode nei contratti, specificando che costi derivanti da attacchi dimostrabili non sono a carico del cliente. Anderson conclude raccomandando di "incorporare appropriati 'interruttori di sicurezza' negli accordi contrattuali".

Fonte: cio.com

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