Approfondimenti Gig Economy e IA: il lato oscuro del futuro del lavoro
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22/08/2024

Reid Hoffman prevede la scomparsa del lavoro tradizionale entro il 2034. Matteo Flora spiega perché dovremmo preoccuparci.

Gig Economy e IA: il lato oscuro del futuro del lavoro

Nella musica, "gig" è un termine informale che indica un concerto o una performance dal vivo. In un contesto nautico, "gig" può riferirsi a una piccola imbarcazione, spesso utilizzata per il trasporto di ufficiali o per il salvataggio.

Ma nell'accezione che più ci interessa, e che volenti o nolenti riguarderà molti di noi, il termine inglese "gig" è traducibile in "lavoro occasionale".

Fatte queste premesse, è più chiaro comprendere l'espressione "Gig Economy", che sottende un contesto lavorativo fatto di lavori temporanei o a progetto, spesso a breve termine e non continuativi.

Tra i pensatori più influenti nell'elaborazione e nell'interpretazione del fenomeno dell'Economia dei Lavoretti spicca Robert Reich, che ha ricoperto la carica di Ministro del Lavoro negli Stati Uniti ed è docente di politica pubblica. Reich ha esaminato le trasformazioni nel panorama occupazionale, incluso l'incremento di impieghi a breve termine e la maggiore elasticità nelle condizioni lavorative.

Anche accademici del calibro di Guy Standing, economista di nazionalità inglese e docente di studi sullo sviluppo, hanno offerto il loro contributo all'esame della crescente instabilità lavorativa, aspetto fondamentale dell'Economia dei Lavoretti.

Nel settore hi-tech, l'idea di Gig Economy ha preso vigore grazie alla diffusione di applicazioni online come Uber, Airbnb e altre analoghe. I creatori e i dirigenti di queste imprese, tra cui Travis Kalanick (co-ideatore di Uber) e Brian Chesky (co-ideatore di Airbnb), hanno involontariamente avuto un impatto determinante nella sua affermazione.

Della Gig Economy ha parlato anche il co-fondatore di LinkedIn, Reid Hoffman, che negli ultimi giorni ha fatto discutere per alcune dichiarazioni riguardanti il futuro del lavoro e il crescente fenomeno del remote working.

Molti hanno celebrato le sue parole come una visione ottimistica del lavoro a distanza. Ad altri invece, come Matteo Flora (docente universitario, comunicatore, esperto di digital reputation e crisis management), non è sfuggito un aspetto più profondo e complesso che sembra essere stato trascurato. Ossia che siamo nel mezzo di una rivoluzione del lavoro che potrebbe avere esiti preoccupanti.

Secondo quanto riportato dall'articolo apparso su Millionaire, Hoffman prevede che il tradizionale modello di lavoro dalle 9 alle 17 potrebbe scomparire entro il 2034. Tuttavia, non è tanto il declino di questo modello a destare preoccupazione, quanto la prospettiva che sarà sostituito da un mercato dominato dalla Gig Economy e dall'intelligenza artificiale.

In questo scenario, i lavoratori potrebbero non essere più dipendenti a tempo pieno ma piuttosto operare nella Gig Economy, svolgendo lavori temporanei o part-time, spesso più precari.

Hoffman anticipa (o sarebbe meglio dire 'paventa'?) un futuro in cui le persone potrebbero avere due o tre lavori simultanei, trovandosi immerse in un impiego sempre più frammentato e incerto. Il lavoro stabile, così come lo conosciamo, potrebbe diventare una rarità, con conseguenze significative sulla sicurezza economica e sociale dei lavoratori.

Questa transizione offrirà ovviamente opportunità a breve termine, soprattutto per le aziende, che beneficeranno di una forza lavoro flessibile e su richiesta. Tuttavia, Matteo Flora avverte che un'economia basata sulla Gig Economy potrebbe non essere sostenibile a lungo termine, soprattutto se consideriamo l'impatto dell'intelligenza artificiale.

Un'analisi dell'International Monetary Fund (IMF) supporta queste previsioni, evidenziando che circa il 60% dei posti di lavoro nelle economie avanzate potrebbe essere influenzato dall'integrazione dell'IA. Mentre circa metà di questi posti potrebbe trarre vantaggio dall'aumento della produttività, l'altra metà potrebbe vedere i propri compiti chiave sostituiti dalle macchine.

Questo non solo ridurrebbe la domanda di lavoro ma porterebbe anche a una diminuzione dei salari e delle opportunità di assunzione. Nei casi più estremi, alcune professioni potrebbero scomparire del tutto.

Il messaggio di fondo è chiaro: siamo di fronte a una rivoluzione che impatterà profondamente il 50% delle professioni intellettuali, riducendo drasticamente l'impiego dell'altra metà.

Nonostante i paralleli storici che molti tendono a fare con altre rivoluzioni industriali, la portata di questo cambiamento non ha precedenti. Né possiamo permetterci di affrontare questa trasformazione con superficialità o aspettative ottimistiche.

Le soluzioni sociali esistono ma è imperativo iniziare a pensarci ora, prima che sia troppo tardi.

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