L'intelligenza artificiale continua a divorare capitali a ritmi vertiginosi, e i colossi della Silicon Valley non hanno alcuna intenzione di tirare il freno. Mercoledì scorso, Google, Meta e Microsoft hanno presentato i risultati trimestrali, rivelando cifre da capogiro per gli investimenti in infrastrutture AI. Ma la notizia più sorprendente non riguarda quanto hanno già speso: è l'annuncio che il 2026 vedrà esborsi ancora maggiori, nonostante gli analisti inizino a usare con sempre più insistenza la parola "bolla" quando parlano del settore.
Una corsa agli armamenti da centinaia di miliardi
Le somme in gioco farebbero girare la testa a chiunque. Google ha rivisto al rialzo le proprie previsioni di spesa in capitale fisso per il 2025, portandole a una forbice tra 91 e 93 miliardi di dollari. Solo pochi mesi fa, a luglio, la stima si fermava a 85 miliardi, che a sua volta rappresentava un aumento rispetto alle indicazioni di aprile. Sundar Pichai, amministratore delegato dell'azienda di Mountain View, ha giustificato questi investimenti massicci come necessari per "soddisfare la domanda dei clienti e capitalizzare le crescenti opportunità".
Microsoft non è da meno. Il gigante di Redmond ha speso 34,9 miliardi di dollari solo nell'ultimo trimestre in spese in conto capitale, con un balzo rispetto ai 24,2 miliardi del periodo precedente. La CFO Amy Hood ha spiegato agli investitori che "la domanda ha nuovamente superato l'offerta" per quanto riguarda la capacità di cloud computing, e ha avvertito che il 2026 porterà spese ancora superiori, concentrate su GPU e CPU, i processori che costituiscono il cervello dell'intelligenza artificiale.
Meta rilancia e alza la posta
Anche il colosso dei social network fondato da Mark Zuckerberg ha aggiornato le proprie previsioni. Meta ora stima investimenti tra 70 e 72 miliardi di dollari per il 2025, in aumento rispetto alla precedente forbice di 66-72 miliardi. Susan Li, direttrice finanziaria dell'azienda, ha confermato che l'anno prossimo la crescita sarà "principalmente guidata dai costi infrastrutturali" legati all'AI. I ricavi trimestrali di 51,2 miliardi di dollari hanno superato le aspettative di Wall Street, ferme a 49,5 miliardi.
Secondo le stime di Business Insider precedenti a questo round di annunci, le tre aziende insieme ad Amazon erano destinate a spendere 320 miliardi di dollari nel 2025 per infrastrutture AI. Una cifra superiore al prodotto interno lordo della Finlandia e paragonabile ai ricavi totali di ExxonMobil nell'anno scorso. Con gli ultimi aggiornamenti, il totale sarà ancora più impressionante.
Quando entusiasmo e preoccupazione si mescolano
Gil Luria, analista azionario presso DA Davidson, offre una lettura equilibrata della situazione. Da un lato riconosce che "queste aziende rappresentano una domanda reale", quindi l'acquisto massiccio di chip e la costruzione di data center sono segnali positivi. Dall'altro, però, ammette l'esistenza di "elementi che ricordano una bolla": aziende che prendono in prestito decine di miliardi per investimenti speculativi e fenomeni di spesa circolare, come Nvidia che investe nel fornitore di cloud computing CoreWeave, sono comportamenti preoccupanti.
Jacob Sonnenberg, gestore di portafoglio presso Irving Investors di Denver, sottolinea come i risultati di mercoledì abbiano confermato quanto anticipato da Jensen Huang, CEO di Nvidia, che martedì aveva rivelato ordini per chip AI per un valore di 500 miliardi di dollari. "Le tendenze della spesa in capitale stasera hanno confermato quanto detto da Jensen", ha commentato Sonnenberg, aggiungendo che "la gente si aspettava cifre importanti e le ha ottenute".
Dove scoppierà davvero la bolla
Un dato che alimenta i dubbi sulla sostenibilità del boom è emerso all'inizio del mese da Apptopia, società che monitora l'utilizzo delle app: gli utenti attivi di OpenAI hanno iniziato a stabilizzarsi, suggerendo un possibile rallentamento della crescita. Sonnenberg avverte che questa corsa sfrenata alla spesa non può continuare all'infinito, lasciando gli investitori nel difficile compito di prevedere quando arriverà la frenata.
Ma secondo Luria, anche se dovesse formarsi ed esplodere una bolla, i giganti tecnologici probabilmente non ne soffrirebbero troppo. Con milioni di clienti e la capacità di utilizzare internamente le risorse computazionali, Google, Microsoft e Meta hanno reti di sicurezza robuste. Il vero problema, spiega l'analista, riguarderebbe le aziende più a valle della catena: "Il problema sono CoreWeave, Oracle e società simili. Se restano bloccate con questa capacità, non avranno nulla da farci. Non hanno clienti, non hanno un uso interno. È lì che si concentreranno i problemi".
Nel frattempo, i risultati finanziari del trimestre potrebbero placare almeno in parte le preoccupazioni: Google ha registrato ricavi record di 102,3 miliardi di dollari, Microsoft ha visto un aumento del 18% arrivando a quasi 78 miliardi. Questi numeri dimostrano che le aziende stanno effettivamente generando entrate significative dai loro prodotti e servizi AI, rendendo almeno teoricamente possibile che un giorno riescano a recuperare gli investimenti miliardari.